La signora Stefania lo scorso 26 maggio, quando ha dovuto dare la sua preferenza per il Comune, ha votato Lega. «Non sono razzista, alle Europee ho votato Movimento 5 Stelle e prima ancora votavo Pd». Perché ha smesso di votarli?

«Perché l’economia non gira, mio figlio ha 16 anni e che prospettive ha? Bisogna cambiare». E quindi, per cambiare, la sua croce sulla scheda l’ha messa sul nome di Alan Fabbri, candidato sindaco della Lega a Ferrara. Una candidatura che al ballottaggio di domenica arriva fortissima, con in dote il 48.5 percento delle preferenze. Dodicimila voti in più del suo sfidante, il democratico Aldo Modonesi, inchiodato al 31,8%.

PER FERRARA sarà una sfida cruciale, un potenziale punto di svolta per la storia di una città che dal dopoguerra è sempre stata governata dalla sinistra. E che da lunedì potrebbe scoprirsi leghista nell’anima e trampolino di lancio per la Lega di Salvini che sogna, alle regionali dell’anno prossimo, di mangiarsi tutta l’Emilia-Romagna.

Per intanto la battaglia da vincere è quella della città Estense. Non sarà facile per il candidato leghista riconfermare la marea di voti presi al primo turno senza l’effetto trainante di Salvini, che infatti ieri è tornato in città per ricordare ai suoi che domenica «chi va al mare aiuta la sinistra». Ma sarà quasi un miracolo per Aldo Modonesi ribaltare l’esito del primo turno. Non è però cosa impossibile. Rimonte clamorose in passato ci sono già state. Come quella di Renato Accorinti che nel 2013 diventò sindaco di Messina passando dal 24% del primo turno al 52 del secondo.

CONTRO Modonesi a Ferrara ha però soffiato una campagna elettorale inaugurata dalla Lega ormai anni fa, quando il Pd di governo pensava all’ordinaria amministrazione e i leghisti immaginavano già la presa del Palazzo Municipale . E così, giorno dopo giorno, a colpi di dirette Facebook e presidi notturni il segretario del Carroccio Nicola Lodi ha picchiato duro sul tema dell’immigrazione. Per lui 1.197 preferenze, record assoluto. Numero da raffrontare con le 516 di Ilaria Baraldi, segretaria cittadina del Pd, o con le appena 174 di Luigi Vitellio, che del Pd ferrarese è segretario provinciale. A Ferrara, come in molte parti d’Italia, il vento è cambiato. Nei quartieri del centro così come nelle periferie dove il consenso per la Lega stato bulgaro e non è bastato per i dem schierare una lista dedicata, «Frazioni» (1,87%), per invertire la rotta.

A convincere il custode del deposito di cicli e motocicli accanto alla stazione dei treni è stata la propaganda leghista sul tema della sicurezza. «Io ho sempre votato centrosinistra, ma ora bisogna ripulire questa zona dallo spaccio», dice il signor Gilberto. «Qui i prezzi degli appartamenti sono crollati», spiega indicando le due torri vicine. Conosciute da tutti come il Grattacielo: venti piani, appartamenti da 70 meri quadri che oggi si scambiano a meno di 20 mila euro e lì intorno una concentrazione di giovanissimi ragazzi africani. Ecco servita l’equazione tra migranti e spacciatori. Tutti sanno che la realtà è molto più complicata e che sulla questione la Lega ha creato un caso mediatico nazionale, ma quasi tutti riconoscono anche che da quelle parti c’è un problema, con la criminalità organizzata – si parla della mafia nigeriana – che ha messo in piedi una fiorente rete di spaccio.

Al di là delle ricette di Pd e Lega, che per le convulse spinte delle campagna elettorale si sono a volte sovrapposte, Modonesi – rappresentante com’è della continuità amministrativa – gioca in svantaggio. «Dov’era Modenesi quando…», è diventato il refrain della campagna elettorale del leghista Fabbri. Così sul conto del candidato è stato addebitato un po’ di tutto, dai disastri del crack della Carife al rapporto strettissimo che c’è tra il Pd e la multiutility che sul territorio si occupa di raccogliere e bruciare i rifiuti. Cioè il gruppo Hera, gallina delle uova d’oro di tutte le amministrazione emiliane, bersaglio da sempre dei 5 Stelle e ora, forse non a caso, anche della Lega di Fabbri. Insomma il voto non è su Modenesi, è sul sistema. Bocciato in maniera devastante al primo esame e ora all’ultimo appello.

DALL’ALTRA PARTE, dietro ai toni conciliatori di Alan Fabbri, c’è la truppa leghista. Personaggi come Stefano Solaroli, 100 preferenze e un video ripescato dalla rete in cui si mostra con una pistola in mano. Lui ha contestualizzato e parlato di una clip di 5 anni fa tagliata ad arte. In suo soccorso è arrivato il Viminale di Salvini, che ha fatto sapere che Solaroli un porto d’armi non ce l’ha più. Resta il tema della classe dirigente che la Lega si appresta a portare in Comune. Quanti Solaroli ci sono nascosti nelle liste di Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e civiche alleate? Non è però detto che ai ferraresi basti per cambiare idea, così come due settimane fa non sono serviti gli appelli per un voto antifascista. E chissà se convinceranno le parole della battagliera europarlamentare uscente Elly Schlein, che in piazza ha ricordato come i disastri dell’accoglienza, quando ci sono, sono dovuti alla criminogena legge Bossi-Fini e ai vari sovranismi d’Europa.

DA CITTÀ della cultura e dell’arte Ferrara si è trasformata nell’ultimo anno e mezzo nell’anello debole tra le città-fortino del Pd in Emilia-Romagna, e viene ormai raccontata come un perenne «mezzogiorno dell’Emilia». Anche di questo, di decenni di politica industriale sempre meno capace di dare un futuro ai giovani della provincia, si chiede conto al democratico Modonesi, ultimo rappresentante del Pd di governo. Più che un’alternanza i ferraresi sembrano chiedere una scossa. «Ferrara è ferma», dicono quelli che hanno votato a destra, e che potrebbero rifarlo, nonostante tutto. Che per la prima volta le cose in città potrebbero cambiare se ne sono accorti anche in università.
La lista civica «Ferrara cambia», guidata dal portavoce del Rettore dell’Unife, ha incassato l’8% dei voti. Più dei 5 Stelle fermi al 7% quando, alle politiche di un anno e mezzo fa, erano sopra al 20%.