È meglio passare venticinque anni a lavorare in banca o farsi tre anni e mezzo di prigione e all’uscita, trovare a disposizione 324.900 dollari? La risposta giusta è la seconda, un piano studiato con matematico rigore da Morán, cassiere che in banca ha già passato parecchi anni e ha calcolato l’esatto importo di quanto avrebbe guadagnato negli anni che lo separano dalla pensione.

CON PRECISIONE professionale porta via il doppio di quella cifra esatta dal caveau e decide che si autodenuncerà trovando il complice perfetto in un collega che nasconderà i soldi al posto suo in attesa che finisca il tempo della detenzione e al quale andrà la metà del bottino. I due in combutta, sono i protagonisti di Los delincuentes (titolo italiano I delinquenti) di Rodrigo Moreno, un film che ha rappresentato l’Argentina agli Oscar, presentato al Certain Regard di Cannes 2023, ora in sala.

Rodrigo Moreno
Il vero lusso oggi è non dover dipendere da nessuno, non fare una vita da schiavo, anche se modesta. Anche il cinema può essere liberatorioIn un paese come l’Argentina, colpito da cicliche crisi economiche, dove l’inflazione rende il denaro carta straccia, i soldi hanno rappresentato spesso una fonte di ispirazione per il cinema, un po’ come in Italia negli anni ’50, periodo di grande povertà diffusa, quando vincite al lotto e al totocalcio o le rapine ispiravano gli sceneggiatori (come nella Banda degli onesti, con quei soldi falsi appesi ad asciugare). Soldi a pacchi o sparpagliati o raccolti nei sacchi compaiono nel grande successo argentino degli ultimi anni la commedia d’azione El robo del siglo (La rapina del secolo) di Ariel Winograd, storia vera di un colpo in banca perfettamente riuscito (se non si fosse intromessa la moglie di un componente della banda, inevitabile tocco misogino).
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Ma in Los delincuentes l’elemento dei soldi (contati con abilità, nascosti alla rinfusa) è solo una delle componenti del film che spazia tra la riuscita del colpo, l’uso dei diversi generi cinematografici (western, commedia, poliziesco, cinema argentino tra realismo e surrealismo) e una nuova esplorazione del territorio fuori da Buenos Aires ormai caratteristica delle troupe, a cominciare dalla regione di Salta (Lucretia Martel) fino al recente Trenque Lauquen (di Laura Citarella) nella pampa. Qui si avanza alla scoperta della provincia di Cordoba, ad Alpa Corral, paradiso naturale di colline a perdita d’occhio.

LO SPETTATORE è tallonato durante la proiezione di Los delincuentes dalla sua abitudine a seguire il ritmo frenetico dei polizieschi, una tensione che si rallenta via via durante le fasi del racconto perché il vero protagonista diventa l’attesa (oltre al fatto che il film è stato girato prima e dopo la pandemia), i tempi morti, come quelli passati in galera per Ramón (Daniel Elias) uomo d’azione, cervello del colpo. E i lunghi girovagare del suo collega, Román un tipo scialbo, abituato alla routine lavorativa, a fare quello che gli si dice, come rispettare le indicazioni su dove nascondere i soldi, che lo porterà a rivoluzionare la sua vita. Román è interpretato da Esteban Bigliardi, attore famoso nel teatro indipendente di Buenos Aires, interprete di una trentina di film tra cui La cordillera di Santiago Mitre e serie televisive).

Rodrigo Moreno ammette di aver avuto la prima idea del film da un classico dell’epoca d’oro del cinema argentino, Apenas un delincuente di Hugo Fregonese (1949) dove José Moran ruba denaro all’azienda dove lavora con le conseguenze del caso, un film considerato una frecciata all’idea di progresso economico della politica di Peron, una amara considerazione sul valore del denaro, responsabile della rovina dei rapporti tra gli uomini. Anche per Rodrigo Moreno l’appropriarsi del denaro nel corso del film è un dettaglio tecnico da contabile, tutto il resto è la ritrovata libertà, perfino nella dura esperienza del carcere che offre in ogni caso compagni più interessanti di quelli dietro agli sportelli. Oppure per Román la scoperta della campagna nei dintorni di Cordoba dove fare insperate amicizie e trovare un amore inaspettato. Il furto di denaro mette in moto un meccanismo ricco di incognite, produce una insperata libertà che dalla rivoluzione industriale non è più possibile, imponendo il lavoro come unico scopo della vita.
Il film fa a meno di considerazioni moralistiche, si sviluppa come un gioco e insieme come una riflessione teorica sul cinema, depistando lo spettatore che si aspetta da un momento all’altro i consueti sviluppi di un poliziesco, i ritmi dettati dai serial, il solito finale.