Noi europei ne importiamo quasi 34 milioni di tonnellate ogni anno, in gran parte dal Sud-America: è la soia, ingrediente nascosto di carne, uova, latte o yogurt, come testimonia la nuova ricerca del Wwf Internazionale “Mapping the European Soy Supply Chain”.

Per soddisfare i nostri bisogni attraverso allevamenti intensivi, in gran parte alimentati a soia, stiamo distruggendo sistemi naturali fondamentali per il pianeta; i nostri consumi impongono la continua ricerca di nuovi spazi da destinare all’agricoltura provocando impatti catastrofici, non solo sulla biodiversità, ma anche sulla stessa salute umana.

L’Unione Europea si è così decisa ad affrontare il tema del peso della produzione di cibo sulle foreste predisponendo una nuova normativa anti-deforestazione, presentata lo scorso novembre, sulla quale i Paesi dell’Unione si confronteranno il prossimo 17 marzo. Numerosi sono i suoi punti di forza, ma alcuni elementi in essa contenuti sono destinati purtroppo a limitarne l’efficacia, primo tra tutti l’ambito di applicazione ristretto alla sola protezione delle foreste: rinviando la protezione di altri ecosistemi di almeno due anni, di fatto viene ignorata l’espansione delle attività produttive agricole su zone umide, savane e praterie, con il rischio di trasferire su di loro tutta la pressione causata dalla produzione di soia e altri beni.

Per far in modo che la nuova norma contrasti efficacemente la deforestazione globale e riduca l’impronta ecologica dell’Unione Europea, è necessario siano affrontati alcuni punti, come chiede il Wwf che sul tema ha anche lanciato una petizione nella campagna Together4Forests (si può sottoscrivere sul sito www.wwf.it). Innanzitutto anche gli altri ecosistemi naturali vanno tutelati da subito e non, come previsto, a valle di una valutazione rinviata di due anni, perché già oggi si stanno perdendo a una velocità allarmante: in poco più di un anno sono stati distrutti più di 5.000 km2 di savana brasiliana, l’equivalente di tre volte la superficie di Londra. Vanno poi ricompresi nella normativa tutti i prodotti che rischiano di essere collegati alla distruzione della natura: gomma e mais ad esempio, partendo dall’errato presupposto di una loro limitata responsabilità nella deforestazione, sono trascurati dalla proposta nonostante rientrino tra i 10 prodotti importati in Unione Europea maggiormente legati alla distruzione degli ambienti naturali.

Deve essere anche superata la prevista esenzione dai controlli per le imprese che si riforniscono da Paesi classificati a “basso rischio”: una falla nel sistema attraverso cui potrebbero transitare anche prodotti ad alto impatto. Così come devono essere previste misure sanzionatorie, come la confisca di prodotti e ricavi per operatori e commercianti, al fine di rendere anti-conveniente l’inosservanza della norma.

La proposta in discussione infine è troppo blanda in tema di diritti umani e non garantisce il divieto di immissione nel mercato europeo di beni prodotti in situazioni socialmente problematiche. I Paesi europei hanno oggi l’occasione storica per fare in modo che il nostro cibo non sia complice della distruzione della natura: è cruciale che i cittadini sollecitino i governi a sostenere una normativa efficace e capace di ridurre in maniera concreta il nostro impatto sulla biodiversità e sul clima.

* vicepresidente Wwf Italia