Il decreto sulla programmazione firmato dal ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza mostra agli atenei quale sarà il loro destino nei prossimi tre anni (2013-2015). Con questo atto il Miur ratifica l’esistenza di un sistema composto da incentivi e disincentivi che obbligherà le università a comunicare entro 45 giorni gli obiettivi da realizzare. In cambio riceveranno finanziamenti ricavati in base alla loro posizione nelle classifiche di «produttività» stabilite dall’Agenzia Nazionale della Valutazione della Ricerca Universitaria (Anvur), lo stesso ente che fissa i criteri della valutazione utili per premiare gli atenei «virtuosi» e punire quelli «viziosi». Viene dunque confermata l’impostazione di fondo della riforma Gelmini del 2010 nella quale le università sono in «concorrenza». Il «mercato» si è però ristretto, dopo il taglio di 1,4 miliardi di euro voluto da Tremonti e Gelmini, mai più da allora rifinanziato.

Questo decreto è un romanzo. Dopo uno studio certosino, la rivista online Roars ha infatti dimostrato che è sostanzialmente identico alla bozza preparata dall’ex ministro Profumo. Entrambi programmano la riduzione («razionalizzazione») dell’«offerta formativa». Si parla di un «dimensionamento sostenibile» che dal 2007 al 2012 ha già chiuso il 27,1% dei corsi di laurea. Per la cronaca si tratta di un messaggio antitetico al programma del Pd bersaniano che si era almeno impegnato a non tagliare l’«offerta formativa».

Bisognerà inoltre aspettare la reazione della Crui che si oppose alla bozza Profumo quando Marco Mancini (oggi capo dipartimento al Miur) era presidente. «A volte ritornano – commenta Giuseppe De Nicolao (Roars) – parliamo di un documento che stava in un cassetto a cui è stata cambiata solo la firma». Nel decreto manca la clausola di salvaguardia che fino ad oggi ha impedito al fondo di finanziamento di un ateneo di variare del 5% rispetto all’anno precedente. Questo significa che verrà incentivata la deregolamentazione: alcuni atenei arretreranno nelle classifiche Anvur in un regime di risorse decrescenti, altri saranno premiati sempre di più. Il decreto proibisce la creazione di nuovi atenei pubblici, ma non esclude quella dei privati dove sono vietati corsi di laurea in discipline giuridiche, scienze politiche, scienze della comunicazione, della musica, spettacolo, moda, scienze agrarie, veterinaria.In pratica, è stata redatta una «black list» dei corsi considerati come l’anticamera alla disoccupazione.

Sul reclutamento dei docenti c’è un incentivo a riprodurre in piccolo la struttura dell’abilitazione scientifica nazionale (Asn). Verranno incentivati gli atenei che estraggono la maggioranza dei commissari per i concorsi locali dalle liste dei commissari papabili per l’abilitazione nazionale. Il motivo ufficiale è quello di proibire la spartizione dei candidati come se fosse quella dei pani e dei pesci. In realtà, ci si affida – fino a renderlo un sistema – alle classifiche degli atenei stilate dall’Anvur che si sono rivelate poco oggettive e molto incerte e ad un sistema di valutazione che non ha ancora permesso alla maggioranza delle commissioni di identificare gli indicatori bibliografici dei candidati, al punto che il termine della prima tornata delle abilitazioni è stato posticipato ancora una volta al 30 novembre. «Nell’incertezza sulle sorti del governo – afferma Alberto Campailla, portavoce degli studenti di Link che si oppongono al decreto – è assurdo emanare un decreto che peggiorerà le condizioni economiche degli atenei».