«Siamo a buon punto», ha assicurato lunedì sera la ministra Lamorgese. L’accordo c’è, è a un passo, assicurano – chi più chi meno – i rappresentanti della maggioranza che ormai da gennaio (pausa obbligatoria dovuta al coronavirus a parte) provano a riscrivere i decreti sicurezza di Matteo Salvini. L’accordo ci sarà anche, però vuoi per una cosa, vuoi per un’altra, all’ultimo salta sempre. E’ successo così anche ieri sera, nel quarto vertice convocato al Viminale dalla ministra Luciana Lamorgese e cominciato tradissimo a causa di precedenti impegni parlamentari. Sul tavolo, come promesso, il testo preparato dai tecnici del ministero tenendo conto degli emendamenti presentati nelle scorse settimane da Pd, LeU, Italia viva e Movimento 5 stelle. Con, in più, la proposta avanzata da Lamorgese per superare uno degli ultimi ostacoli ancora rimasti in piedi: le multe alle navi delle ong impegnate nel Mediterraneo centrale.

Superate ormai definitivamente le maxi multe, tra i 5 Stelle che insistono per mantenerle come previsto nella versione originaria del decreto (sanzioni tra i10 mila e i 50 mila euro) e tutti gli altri che invece chiedono di toglierle completamente, la titolare del Viminale avrebbe proposto come mediazione di trasformare l’illecito da amministrativo in penale avviando così un ritorno a quanto previsto dal Codice della navigazione che punisce con due anni di reclusione e una multa di 560 euro (da rivedere però al rialzo) quanti non rispettano il divieto di ingresso nelle acque territoriali (articolo 1102, navigazione in zone vietate). Soluzione che supererebbe quanto stabilito dai decreti salviniani, se non fosse che in aggiunta sarebbe proposta anche un’estensione di un altro articolo dello stesso Codice, l’83 (divieto di transito e sosta), che se confermata lascerebbe comunque intatto – seppure in maniera più lieve rispetto al secondo decreto sicurezza – lo spirito punitivo nei confronti delle organizzazioni umanitarie. Impegnandole per di più a rispettare, in caso di salvataggio, il coordinamento dell’Mrcc competente .

Strada in discesa, invece, per quanto riguarda tutte le altro modifiche. A partire dalla possibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe comunale. Dopo la sentenza della Consulta che ha sancito l’incostituzionalità del divieto di iscrizione previsto nel primo decreto sicurezza, in futuro ai richiedenti asilo sarà possibile richiedere anche la carta d’identità, cosa che in precedenza non era prevista. Stabilito inoltre il ripristino di un sistema di accoglienza in due livelli: una prima accoglienza gestita dal governo attraverso i prefetti, e un secondo livello gestito dai Comuni. Non è esclusa la possibilità di creare degli incentivi per invogliare le amministrazioni locali a partecipare.

Vengono inoltre dimezzati i tempi di detenzione nei Centri per il rimpatrio (Cpr) che passano dagli attuali 180 giorni a 90. Novità anche per quanto riguarda la protezione umanitaria, allargata a chi rischia di subire «trattamenti inumani e degradanti» nel Paese di origine, a chi necessita di cure mediche, a chi proviene da Paesi in cui sono avvenute «gravi calamità», ma anche a famiglie con figli minori, alle persone gravemente malate e a quelle con disagio psichico.
Modifiche che vanno ben oltre le richieste avanzate a suo tempo dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella lasciando però intatta tutta la parte più strettamente relativa alla sicurezza, intervenendo solo sulla «tenuità del fatto» riguardo alle ipotesi di oltraggio a pubblico ufficiale.