Una decisione «storica». Così Roy Chaderton, ambasciatore del Venezuela all’Organizzazione degli stati americani (Osa) ha definito la decisione espressa dall’organismo sulla situazione che vive il suo paese. La riunione a porte chiuse, sollecitata dal Panama per appoggiare, di fatto, la posizione della destra venezuelana, non ha sortito l’effetto sperato dal campo neoliberista: non vi sarà una riunione dei ministri degli Esteri, né una missione Osa in Venezuela, 29 paesi hanno appoggiato la democrazia bolivariana e solo tre, Canada e Panama si sono espressi contro.

L’iniziativa del presidente panamense Riccardo Martinelli ha portato alla rottura delle relazioni politiche e commerciali con il Venezuela e all’espulsione dei diplomatici da Caracas. «Non mi ergo a giudice di Panama – ha detto Chaderton – a questo penserà il suo popolo» (che va al voto per le presidenziali a maggio). Poi ha raccontato che, durante la riunione, due deputati dell’opposizione venezuelana erano in costante contatto con «senatori dell’estrema destra Usa», a loro volta all’opposizione del governo Obama negli Stati uniti.
«Ora il mondo sa che non ci stiamo scontrando con manifestanti pacifici, ma con una corrente violenta che tenta di rovesciare il governo legittimo e costituzionale», ha dichiarato il ministro degli Esteri, Elias Jaua. E domani la Unasur si riunisce in Cile per discutere la situazione in Venezuela.

In questi giorni il governo «di strada» di Maduro sta presentando il nuovo passo del suo progetto di paese: massiccia distribuzione di case popolari, finite a tempo di record e ammobiliate, controllo nella distribuzione di alimenti, riunioni nei quartieri per opporre il disarmo alla violenza. Venerdì, Rafael Ramírez, ministro del Petrolio, ha affermato che la Conferenza per l’economia con gli imprenditori (da loro proposta e accettata dal governo) sarà permanente e che il settore privato parteciperà agli incontri della Vicepresidenza economica ogni lunedì.
In sei mesi di lavoro – ha detto – sono stati approvati 56 accordi su 59 proposte.

Ramirez ha anche presentato la nutrita lista delle grandi imprese che hanno preso dollari a tasso agevolato e non hanno ottemperato agli obblighi di importazione e produzione. «Noi abbiamo le nostre priorità, gli imprenditori hanno alcune conoscenze specifiche settoriali, stabiliamo un tavolo per organizzare le due cose», ha detto il ministro, spiegando anche il lavoro per attivare i meccanismi di distribuzione degli alimenti. Oltre 4 miliardi e 720 milioni di bolivares sono stati stanziati dalla Gran Mision Agro Venezuela per la sovranità alimentare, in un paese ancora dipendente dal petrolio. Le manifestazioni di protesta intanto, proseguono: ieri, si è svolta una manifestazione davanti al ministero dell’Alimentazione.

Venerdì, a Caracas, è morto un altro mototaxista per via delle proteste dei gruppi oltranzisti (le «guarimbas»). E mentre a San Cristobal, nello stato Tachira, continuano gli scontri violenti, i cittadini si organizzano per raccogliere le denunce, disinnescare le provocazioni con attività culturali nei quartieri di opposizione: nonostante l’alto rischio che questo comporta, e di cui il manifesto è testimone diretto.