In quest’anno di celebrazioni del Principe di Machiavelli, scritto nel 1513, sono numerosi i testi che ritornano sull’importanza del famoso classico del pensiero politico moderno. A questo proposito si segnalano, per passione e intelligenza, i lavori di Maurizio Viroli, da sempre attento lettore del segretario fiorentino, di cui ha ricostruito la biografia nella nuova edizione del volume Il sorriso di Niccolò. Storia di Machiavelli (Laterza, pp. 265, euro 18). Di particolare interesse è anche un altro volume di Viroli che, prendendo spunto dalle teorie machiavelliane in particolare e dalla tradizione repubblicana in generale, affronta la crisi della democrazia italiana contemporanea (Scegliere il principe. I consigli di Machiavelli al cittadino elettore, Laterza, pp. 100, euro 9). Per un alfiere del repubblicanesimo come Viroli, la diagnosi sull’attuale politica italiana è scontata (corruzione, incompetenza, opportunismo, assenza di virtù civiche, prevalenza dell’interesse privato, crisi del bene comune), così come scontato è il suo richiamo al valore fondativo della Costituzione. Meno ovvio, invece, è il richiamo a un autore come Machiavelli – spesso, ma erroneamente, catalogato tra i teorici del cinismo politico, mentre è in realtà un sostenitore delle virtù repubblicane – per trovare soluzioni ad alcuni problemi che affliggono la democrazia contemporanea, in particolare l’Italia devastata dal berlusconismo e dalla demagogia. In quest’ottica il volume, ricco di consigli concreti per la formazione di un consapevole e maturo giudizio politico, costituisce un breviario per i cittadini di fronte alla crisi del sistema rappresentativo e alla degenerazione dei partiti.
Nei suoi lavori sul segretario fiorentino, in primo luogo Viroli fa proprio il «metodo» di Machiavelli, per il quale gli esempi storici sono funzionali all’elaborazione dei modelli teorici. In secondo luogo utilizza una concezione «premoderna» di scienza politica, secondo la quale è possibile prevedere eventi e comportamenti politici in quanto sono basati su una concezione «perenne» della natura umana. In terzo luogo, recupera la tradizione repubblicana esemplarmente rappresentata da Machiavelli (ma presente in tutto l’umanesimo fiorentino) per sottolineare l’importanza di un’associazione politica nella quale, grazie al governo della legge, la libertà della comunità procede di pari passo con la libertà del singolo, in un efficace consolidamento delle virtù civiche. Visto che la libertà politica è tale in virtù della legge, per Viroli è possibile solo là dove esiste governo delle leggi, non degli uomini.
Il governo della legge è pertanto garanzia rispetto all’arbitrarietà del tiranno: contro le derive liberiste che propongono un’immagine della legge come vincolo e «interferenza» da parte del potere, la legge dei repubblicani è un elemento costitutivo della libertà individuale e collettiva.
Nel Machiavelli di Viroli emerge però anche una spiccata sensibilità – tipicamente moderna – nei confronti del nesso tra istituzioni e società. Questa sensibilità nei confronti della correlazione tra forme di proprietà e politiche costituisce un’innovazione rispetto alla tradizione dell’umanesimo fiorentino: per evitare la dissoluzione della comunità è infatti necessario che la repubblica preveda forme di eguaglianza tanto nei fondamenti economici quanto in quelle politiche. Naturalmente, ciò non significa istituire un rapporto deterministico tra economia e politica perché il Machiavelli di Viroli, da buon repubblicano, attribuisce importanza tanto alla distribuzione della proprietà quanto alla strutturazione istituzionale della repubblica. Tuttavia, questa convinzione secondo cui il potere politico affonda le proprie radici anche negli assetti della proprietà costituisce un’acquisizione teorica in grado di cogliere la storicità delle forme politiche, così come del conflitto sociale, senza eliminare un’esigenza etico-politica tipica di ogni repubblicano: la ricerca della virtù attraverso il consolidamento della libertà e dell’eguaglianza. Infatti, convinto che la diseguaglianza della proprietà si traduca nella soggezione dei meno abbienti, e convinto che la libertà politica esista solo se vi è autosufficienza economica, il Machiavelli di Viroli propone una nuova giustificazione del repubblicanesimo, allo scopo di sviluppare la formazione del cittadino attraverso un coordinato processo educativo, di impianto pubblico: solo una nuova similitudine tra anima e città, tra virtù privata e pubblica, può costituire il fondamento della libertà repubblicana capace di promuovere l’autogoverno e la partecipazione politica. Ma tutto ciò, nell’Italia del narcisismo proprietario e dell’individualismo edonistico, sembra purtroppo un’utopia.