Col termine Antropocene si fa riferimento all’epoca geologica attuale, caratterizzata da un intervento consistente dell’azione umana sull’ambiente terrestre. L’atteggiamento colonialista dell’uomo ha alterato gli equilibri naturali e scatenato varie reazioni a questo tipo di sfruttamento: i cambiamenti climatici, le emissioni nocive e la pandemia sono solo alcuni di questi effetti.

PER SALVARCI e salvare il pianeta da questo processo, Maurizio Carta, urbanista, docente ordinario del Dipartimento di architettura dell’Università degli studi di Palermo, propone la via del Neoantropocene: «un nuovo modo di essere e agire in cui l’umanità non abdichi al suo ruolo determinante nell’evoluzione, ma si liberi dell’arroganza predatoria e della volontà di dominio sul mondo, amplificando, invece, sensibilità e consapevolezza, responsabilità e impegno per tornare alla sua naturale omeostasi con le altre specie viventi del pianeta».

IN QUESTO SCENARIO risulta cruciale il ruolo di architetti e urbanisti nell’intervento e nella prefigurazione delle città del futuro. La Biennale di Architettura di Venezia dimostra quanto questo senso di consapevolezza e responsabilità della sfida climatica e ambientale sia stata assorbita dal mondo del progetto e da chi si occupa del disegno dello spazio. Questi temi emergono chiaramente nel libro di Maurizio Carta Città aumentate. Dieci gesti-barriera per il futuro, edito da Margine (pp. 272, euro 14,50): un concentrato di riflessioni sui luoghi abitativi contemporanei e un manuale operativo su come intervenire per progettarne il «domani».

LA CITTÀ AUMENTATA evoca una dimensione urbana evoluta dal punto di vista tecnologico, ma che rifiuta il determinismo tecnocratico delle smart city per aprirsi a un dominio umano, dove le capacità creative e innovative diventano strumenti di emancipazione. L’autore non si limita a proporre un’idea ma va oltre, concretizzando la sua visione/processo/progetto in una serie di azioni, i gesti-barriera, che possono rendere le città capaci di resistere alle crisi del presente e arginare quelle del futuro.
Il libro si articola in una sorta di decalogo dove alcuni temi cruciali del dibattito contemporaneo vengono proposti, elaborati e poi condensati in strategie d’intervento, capaci di prefigurare un modello al quale le città dovranno tendere e uniformarsi.

IL PRIMO DI QUESTI GESTI si riferisce alla città che sente e reagisce, capace di rispondere alle crisi e alle trasformazioni attraverso un uso intelligente e consapevole di dati e sensori; occorre poi guardare alla città collaborativa, sviluppando processi attivi che connettano dimensione civica e tecnologica, piuttosto che alla città intelligente innovativa o quella produttiva e generativa che incentiva «la rilocalizzazione delle imprese, dei makers e dei nuovi artigiani digitali»; gli altri gesti-barriera fanno riferimento ai distretti culturali e creativi, nella città che crea e comunica, o all’economia circolare e del riciclo, o ai temi della crisi climatica nella città resiliente ed ecologica, con attenzione alle realtà costiere descritte nella città fluida e interconnessa.

Nel proporre queste azioni le pagine del libro descrivono casi studio e processi simili già in atto, in Europa e nel mondo, mettendo le esperienze a servizio di uno speranzoso progetto di future design: «la necessità di tornare a progettare il futuro sostenibile del nostro pianeta con audacia e con fiducia». In un momento di totale scetticismo nel presente, nell’assenza di un’immagine di futuro, sinora congelata nello scenario delle quattro mura domestiche, queste pagine, vibranti di fiducia e entusiasmo progettuale possono trovarci stupiti, impreparati ad accettare tali sfide.

IL COVID ha gravemente compromesso il nostro paese, da sempre caratterizzato da meccanismi post-crisi difficoltosi e elefantiaci; l’atteggiamento positivo e proattivo che emerge dal testor è sicuramente elemento salutare in questo momento, anche se la palude delle lungaggini burocratiche dell’Italia fa ancora percepire come distanti gli scenari futuri innescati dai dieci gesti-barriera.. Forse si potrebbe aggiungere l’undicesimo gesto: quello della città reattiva, capace di rispondere a crisi e trasformazioni con tempi snelli e procedure limpide e dinamiche.