Decadenza, l’assist dell’Appello
Berlusconi I giudici parlano di sanzione amministrativa per la Severino, il Pdl ne approfitta. Scontro in senato, oggi la giunta sul voto palese. Il Pd costretto a votare per l'allungamento dei tempi
Berlusconi I giudici parlano di sanzione amministrativa per la Severino, il Pdl ne approfitta. Scontro in senato, oggi la giunta sul voto palese. Il Pd costretto a votare per l'allungamento dei tempi
La Corte d’Appello di Milano che scivola nella definizione della legge Severino. La giunta per il regolamento del senato che prolunga il wrestling sul voto palese, ben sapendo che alla fine su Berlusconi si potrà comunque chiedere il voto segreto. L’aula che per questo è costretta ad allungare ancora i tempi del voto finale sul Cavaliere, e il Pd che nel tentativo di inseguire sia gli alleati che i 5 stelle finisce col votare per lo slittamento e prendersi gli insulti degli uni e degli altri – oltre a dover contare una decina di voti in dissenso. E soprattutto Berlusconi, che di coerenza e apparenze non si preoccupa e chiede direttamente a Letta di salvarlo. Minacciando altrimenti la crisi: Alfano e le sue colombe stanno tornando a casa, i numeri potrebbe averli.
Una giornata, l’ennesima giocata sul fronte dei destini personali di Berlusconi, assai confusa. Il rumore di fondo dello scontro tra partiti ha preso ad alzarsi a folate, preannunciando novità che non sono arrivate. Ha cominciato la Corte d’appello di Milano che nel motivare il nuovo calcolo dell’interdizione del Cavaliere (due anni) ha definito la legge Severino, quella che impone la decadenza e l’ineleggibilità del condannato, una «sanzione riservata all’autorità amministrativa». «Sanzione amministrativa!», hanno subito esultato le truppe berlusconiane di ogni tendenza, istruite dall’avvocato Ghedini. E dunque vale la legge del 1981, portata a memoria dagli azzeccagarbugli parlamentari: «Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione».
Neanche i democratici però sono immuni da errori. Avendo deciso di seguire i grillini nella richiesta di voto palese sul Berlusconi – ma non sta bene modificare il regolamento in corsa, dunque si deve «interpretare» – devono battagliare in giunta per le elezioni. Al massimo apriranno la strada a un voto segreto su richiesta di venti senatori, che ha il medesimo effetto pratico (e cioè il rischio di franchi tiratori che ricadrebbero inevitabilmente sui democratici). Ma per aspettare la giunta, anche l’aula deve fermarsi. E così la richiesta sempre dei grillini di mettere in calendario il voto finale sulla decadenza il 5 novembre – palese o segreto che sia – non può essere accolta. Così argomenta ufficialmente il Pd, mentre una decina di senatori tra i quali Casson, Pezzopane, Puppato e Mineo votano per la soluzione proposta dai 5 stelle e da Sel. Ma se non sarà il 5 novembre, deve comunque essere in quella settimana, perché è l’ultima prima della sessione di bilancio. Altrimenti Berlusconi rischia di mangiare il panettone alle buvette.
A destra strillano, soprattutto il capogruppo Schifani che deve dimostrare di essere falco quando in gioco c’è la sorte di Berlusconi. Richiama il presidente Grasso all’imparzialità, insiste non senza qualche ragione che l’interpretazione del regolamento non può capovolgerne il senso. In giunta in serata si replica, Nitto Palma per il Pdl propone di rinviare di una settimana, il Pd dice no e dunque si riprende stamattina, con i favorevoli al voto palese in vantaggio di un voto vista la conversione di Lanzillotta, Scelta civica ma tendenza Renzi. Da palazzo Chigi solo una replica informale alle attese che Berlusconi ha affidato al solito libro di Vespa. Non ci sarà nessun intervento di salvataggio, il piano giudiziario e quello di governo restano distinti. Vedremo.
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