Un’immagine consueta in tanti teatri del mondo: all’anteprima per i giovani dell’opera inaugurale, Stéphane Lissner, ex-sovrintendente della Scala, si siede accanto a Alexander Pereira, il nuovo sovrintendente, con tanto di strette di mano e fotografie. Dopo un anno di passaggio assai turbolento, l’immagine illustra bene il clima di complessiva serenità con cui la Scala si appresta a vivere la prima di Fidelio domani sera (la vedremo anche in diretta su Rai5 dalle 17.30 e per la prima volta in diretta streaming sul sito della Scala www.teatroallascala.org). La scorsa primavera lo scenario appariva molto diverso: a breve distanza dalla designazione di Pereira, ancora in carica come sovrintendente a Salisburgo, tutto era stato messo in pericolo dal polverone sollevato per il previsto acquisto di un congruo numero di allestimenti proprio dal festival austriaco, con tanto di intervento del sindaco e reazioni risentite del collega ancora in carica. Scandalo in gran parte rientrato, mentre è invece arrivata la concessione dell’autonomia alla fondazione scaligera, e le prime scelte del sovrintendente, a partire dal programma per l’Expo, sono state accolte positivamente. Ritrovata armonia anche fra a Milano e Daniel Barenboim, che – dopo una Nona di Mahler trionfale e i concerti schubertiani di questi giorni – si prepara a un’ultima inaugurazione che non ha più il sapore di un addio definitivo. Un clima di lavoro ottimo per Deborah Warner, regista britannica che alla Scala ha firmato un’applaudita regia di Death in Venice di Britten e vive adesso il suo primo sette dicembre.

Com’è stata questa avventura? 

Non siamo ancora alla fine, dovrei dirlo fra qualche giorno. E poi il regista di un film che va a Cannes o a Venezia vi direbbe mai che ha lavorato diversamente dal solito? La vera differenza sta nell’enorme attenzione mediatica, ma visto che si concentra soprattutto sull’opera, anche come forma d’arte, è sicuramente un’occasione speciale e positiva.

Il teatro d’opera in Italia ha gli stessi problemi economici che ha sofferto il teatro britannico: l’opera soffre di più, perché?

Si deve combattere per la forma d’arte in sé, quando ci si crede. Così ha fatto il National Theatre of England, con cambiamenti radicali, per evitare di soccombere di fronte al taglio dei finanziamenti pubblici. Rinnovarsi e reagire è importante, ma il valore sociale e civile dei fondi pubblici va riaffermato, bisogna lottare perché rimanga, con modalità non accessorie. L’opera ha enormi potenziali di attrazione di un nuovo pubblico, ma bisogna lavorare molto in questo senso.

Che relazione ha con Fidelio, che ha messo in scena più volte? 

Io sono arrivata tardi all’opera, grazie a Nicolas Payne, che all’Opera North perseguiva un progetto di avvicinamento di registi teatrali all’opera, come poi ha fatto al Covent Garden e all’Eno. Ho iniziato, forse in modo naïf, da Wozzeck perché conoscevo il dramma di Buchner, ma lentamente mi sono appassionata al teatro musicale. Ho messo in scena Fidelio più volte, lo amo molto sul piano musicale, ma credo anche che abbia molto da dire sul piano teatrale. Sgomberando il campo dai pregiudizi, un Fidelio presentato nel giusto contesto conserva statura e forza drammaturgica molto efficaci, tutt’altro che incredibili. È importante notare che i protagonisti sono persone comuni, alcune poste al fondo alla scala sociale, come Rocco, Marzelline e Jaquino. L’inizio dell’opera e l’aria di Rocco acquistano rilievo nel contesto contemporaneo di una realtà sociale modesta, anche povera. Gli altri personaggi, Fidelio/Leonore , Florestan e Pizzarro hanno un’altra estrazione, ma non sono uomini celebri. Possiamo immaginarli come amici che hanno frequentato l’università insieme, poi ognuno ha preso la propria strada umana e politica.

Fra l’elemento politico e la forza dell’amore cosa conta di più in Fidelio? 

L’amore, in ultima analisi: è la forza che peraltro riunisce i due gruppi di personaggi. Accanto alla storia d’amore principale ce ne sono altre. L’amore mai realizzato di Jaquino per Marzelline e anche la storia d’amore, che sembrerebbe sbocciare fra Fidelio e Marzelline. Anche queste storie hanno il loro epilogo, che può essere anche drammatico per i personaggi che le vivono.