Secondo i dati forniti dall’Ocse, nel corso degli ultimi vent’anni il debito privato (di banche, cittadini o imprese) è aumentato in Europa in modo esponenziale ed in misura superiore al debito pubblico. A fine 2012, ad esempio, il debito delle imprese finanziarie era ovunque superiore al 200% del Pil, con punte dell’800% in Gran Bretagna ed Irlanda. Anche il debito delle famiglie è cresciuto molto, registrando in soli 15 anni un aumento del 60% nella sola Eurozona. Il debito delle imprese, poi, si è sempre mantenuto molto alto un po’ ovunque e soprattutto in quei paesi come la Spagna dove la bolla del mercato immobiliare è stata di fatto accompagnata, se non indotta, dal credito facile elargito a costruttori ed imprese del settore immobiliare. Per ciò che riguarda l’Italia, i dati ci dicono che a fronte di 2000 miliardi di euro di debito pubblico, il debito privato del paese è attualmente equivalente ad oltre 7000 miliardi di euro, ovvero quasi il 500% del Pil.

Questi dati dimostrano chiaramente che la crisi del debito europea è innanzitutto la crisi di un modello di sviluppo interamente basato sul debito e sulla sua circolazione. Negli ultimi vent’anni, mentre il lavoro diveniva più precario e gli investimenti nel settore del welfare e delle politiche sociali venivano fortemente ridimensionati, i debiti di famiglie e imprese aumentavano a dismisura. Un calmiere sociale tramite il quale i tagli selvaggi a istruzione, sanità e pensioni, così come precarietà e bassi salari venivano resi meno amari dal credito facile. Lo stesso debito pubblico è cresciuto di oltre il 40% nell’Eurozona tra 2007 e 2013 a causa dei continui salvataggi bancari e più in generale dall’aumento dei “costi di gestione” di una crisi originata da un’abnorme bolla finanziaria alimentata dalla creazione/circolazione di debito.

Con la crisi, questo meccanismo di sostituzione tra welfare e salari da un lato e debito dall’altro non funziona più e difficilmente potrà essere ripristinato in futuro. Una politica lungimirante dovrebbe porsi quindi il problema di superare il paradigma di una crescita guidata dal debito, rompendo con l’idea assurda che il mercato creditizio possa rappresentare un valido e più efficiente sostituto dell’intervento pubblico. Una battaglia culturale durissima, che negando l’idea dell’insostenibilità del debito pubblico nei paesi europei, sostenga al contrario che solo a partire da un cambio di direzione drastico si possano porre le basi per superare il discorso dominante basato sulla richiesta di «riaprire i rubinetti» del credito a famiglie ed imprese. Al contrario, ciò che servirebbe è un diverso meccanismo di finanziamento dell’economia, basato su di un intervento pubblico differente dai carrozzoni del passato, aperto alla partecipazione dal basso dei territori e dei cittadini, rispettoso dell’ambiente e dei beni comuni. Un cambio di paradigma, che solo una politica diversa e la partecipazione dal basso di cittadini e movimenti potranno realizzare.