Fra i due contraenti c’è quella che è stata definita “intesa di massima”. Tutto il resto manca. Passano i giorni, e la promessa di matrimonio fra Alitalia ed Etihad sta diventando un tormentone estivo, fatto di annunci a ripetizione cui poi non corrispondono effettivi passi avanti nella soluzione dei, non pochi, problemi sul tavolo. Primo fra tutti, quello dei 2.251 lavoratori Alitalia che gli arabi giudicano di troppo. Tanto da chiedere espressamente la loro uscita, definitiva, dal perimetro aziendale.

La trattativa con i sindacati di categoria e con gli stessi leader delle tre organizzazioni confederali – senza dimenticare i basisti dell’Usb – è ferma al punto di partenza. In attesa del prossimo round fissato per mercoledì, le notizie di giornata raccontano di un summit fra i ministri Lupi e Poletti e l’ad Del Torchio. Un incontro al termine del quale il titolare dei trasporti ha fatto sapere che l’esecutivo di Matteo Renzi sta valutando “tutti gli strumenti previsti dalla legge”, per rispondere positivamente al diktat di abu Dhabi. “Il governo può intervenire per una ricollocazione – ha esemplificato Maurizio Lupi – o per capire se è possibile esternalizzare alcuni servizi”.

Nessuna risposta viene però data all’osservazione preliminare, fatta da tutti i delegati sindacali del trasporto aereo, sull’effettiva necessità di espellere dal lavoro migliaia di addetti, quando al tempo stesso si magnifica un piano industriale di sviluppo per entrambe le compagnie aeree. Se il progetto è ambizioso così come è stato prospettato dalle aziende e dallo stesso governo, ragionano i sindacati, non ci sono motivi validi per allontanare definitivamente dall’azienda delle professionalità che in futuro dovrebbero tornare ad essere necessarie. E del resto è stato lo stesso ministro Lupi, nei giorni scorsi, ad anticipare: “Il governo ritiene Malpensa uno scalo strategico, ed è intenzione di Alitalia di più che raddoppiare le frequenze intercontinentali, portando da 250mila a 500mila i passeggeri che partono da quello scalo”. Ma con quali addetti?

Dietro lo stop immediato alle trattative sugli “esuberi strutturali” c’è anche la consapevolezza di tutte le parti in causa (tranne Etihad) che un’operazione analoga a quella fatta nel 2008 non può più essere attuata. All’epoca, il vero e proprio bagno di sangue occupazionale che portò all’uscita di circa settemila dipendenti Alitalia fu in parte compensato dall’utilizzo di un super-ammortizzatore sociale, fatto di quattro anni di cassa integrazione straordinaria più tre di mobilità. Con in più le particolari modalità della cig del trasporto aereo che, grazie al fondo speciale di sostegno (recentemente prorogato), portava i cassintegrati ad avere quantomeno un assegno mensile tranquillizzante.

Da quei giorni però molto è cambiato. Il ciclone Fornero ha azzerato tante speranze, e fra i retroscena di questa ultima vertenza Alitalia c’è anche quella dell’affannosa ricerca di un aggiramento dell’attuale normativa, per assicurare ai nuovi esuberi almeno due anni di cigs e tre di mobilità. Comunque sia, al momento nulla si muove: “Tra ‘penultimatum’ e finti annunci – continua a ricordare la Filt Cgil – sull’accordo siamo ancora a zero”. Con Giuliano Poletti costretto a replicare prendendo tempo: “Siccome gli esuberi ci sono e sono stati dichiarati, sappiamo che il problema esiste e stiamo già lavorando per produrre le condizioni per ridurre il loro numero al minimo”.

L’obiettivo del governo resta quello di chiudere entro la metà di luglio, anche se a quella data mancano poco più di due settimane. Più probabile che sia sciolto un altro nodo, quello relativo ai non pochi debiti di Alitalia con gli istituti di credito. Svariate centinaia di milioni che le banche azioniste di Alitalia- Cai – Intesa San Paolo e Unicredit – hanno messo in conto di non veder tornare in cassa tanto presto, se mai torneranno. Ma che Monte dei Paschi e Popolare di Sondrio, che azioniste non sono, intendono invece riscuotere in massima parte. “Si sta lavorando ma ancora l’accordo non c’è”, certifica Fabrizio Viola. E alla domanda sulle possibili soluzioni sul tavolo, l’ad Mps ha risposto così: “Il principio è che il debito bancario (90 milioni solo per il Monte Paschi) ha forme tecniche e rischi molto diversi, e bisogna trovare forme che li rispettino e che garantiscano un equilibrio”. Il matrimonio Alitalia-Etihad non è un miraggio. Ma l’oasi è ancora lontana.