Stagionaccia da Piacenza a Sestola, sull’Appennino modenese, per il primo arrivo in quota di questo Giro. Saranno contenti i fungaioli, continuasse a piovere ancora qualche giorno nascerebbero i porcini qui nei boschi di castagno cantati da Guccini. In gruppo dipende, c’è chi gradisce e chi no. Di sicuro gradiscono i 25 cui danno via libera per andarsi a cercare l’alloro di giornata.

La fuga si frammenta presto, ai primi contrafforti. Si svolgono così due corse in una. Rimane una coppia in testa, formata da Taaramae e Juul-Jenssen, inseguita da un gruppetto di una decina. Tra questi ci si gioca la tappa e l’appalto del simbolo del primato. Dei big il più convinto pare Landa, che mette i suoi a tirare il collo al gruppo in vista delle ascese finali.

Salendo verso Sestola fa la faccia truce e allunga De Marchi, gran faticatore che vede sul traguardo il coronamento d’una carriera intera, tirandosi però dietro Dombrowski, più filiforme e scalatore. Ed in effetti quando la pendenza s’incattivisce l’americano salta il friulano e si invola verso la vittoria. Poco male, De Marchi si consola con la maglia rosa, a Buja si preannuncia festa grande. In gruppo il primo a rompere gli indugi è Ciccone; gli risponde, come atteso, Landa, seguito da Bernal, Carthy e Vlasov. Sono questi i big che dimostrano d’essere più in palla, tant’è che rosicchiano qualcosa a Yates e Evenepoel e un po’ di più a Nibali nostro.

Sull’altro versante dell’Appennino, in linea d’aria una manciata di chilometri da qui, il grande airone aprì le ali per la prima volta. Coppi aveva vent’anni, ed era al suo primo Giro, corso alla corte di Bartali un po’ per caso un po’ per il fiuto dell’orbo Cavanna per i quattrini: già promesso alla Maino di Giradengo (questioni di vicinato), lo storico massaggiatore capì che all’avvocato Pavesi della Legnano si sarebbe potuto estorcere un contratto più ricco. Tutti ovviamente al servizio di Gino e tutti zitti. Ma vai che prima di entrare a Genova un cane non entra sotto le ruote di Bartali e lo manda a gambe ritte? Favalli, suo gregario, fa finta di non accorgersene e Coppi si adegua a fare da gregario al gregario. Finisce la tappa con venti minuti guadagnati per il novizio.

Per guarire a Bartali gli ci vorrebbe una settimana a letto, figuriamoci se può spianare l’Abetone. Ci pensa Coppi a staccare tutti sotto il temporale e a vestirsi di rosa a Modena. Si raggiunge poi una tregua sulle Dolomiti, sempre grazie alla regia di Pavesi, a Gino le tappe e la maglia di miglior scalatore, a Fausto la gloria finale. Il giorno successivo Mussolini dichiara la guerra.