Da consumato scacchista, Luigi de Magistris si siede al tavolo al momento giusto. Quando a Palazzo Madama si vota la fiducia al governo Conte bis, il sindaco di Napoli al termine di una lettera aperta annuncia: «Mi candido a presidente della Calabria». Perché la lunga partita a scacchi che in Calabria si sta giocando sin dalla scomparsa della presidente Jole Santelli è parallela alle alchimie dei palazzi romani. Se dallo scenario nazionale uscisse cementata un’alleanza Pd-5S-sinistra a tutti i livelli amministrativi la mossa di de Magistris potrebbe essere quella del cavallo. Obiettivo: la nomination della coalizione.

PER ORA L’EX MAGISTRATO naviga da solo in mare aperto. «Posso essere strumento per un processo di liberazione dal basso per dare voce ai tanti calabresi che non si piegano, che lottano per i valori costituzionali. Per una Calabria forte e autorevole, mai con il cappello in mano e il guinzaglio di un ceto politico trasversale che ha annichilito la potenzialità di questa terra». Ad oggi i suoi compagni di viaggio sono i reggini del movimento la Strada (reduci da un buon 7% alle elezioni comunali) e i civici capeggiati dallo scrittore Pino Aprile, oltre a Dema, il gruppo del sindaco di Napoli che in Calabria annovera il primo cittadino di Cinquefrondi, Michele Conia. In questa infinita campagna elettorale verso l’11 aprile per adesso il suo unico competitor è Carlo Tansi. L’ex capo della protezione civile regionale è già in campo con tre liste di impronta populista. De Magistris ieri è andato a trovarlo a casa, a Montalto Uffugo: un’alleanza tra i due, pur possibile, viene scartata per la granitica volontà di Tansi di non fare il passo indietro dalla candidatura alla presidenza. Il sindaco potrebbe allora puntare a prosciugargli il bacino di voti ma anche qualche candidato.

I GRILLINI SONO DIVISI in tre. Il presidente dell’Antimafia Nicola Morra e l’eurodeputata Laura Ferrara guardano con favore alla mossa del sindaco partenopeo. Poi ci sono i governisti, guidati dal deputato Riccardo Tucci, che spingono per una riedizione del brand giallorosso e i «tansiani», come il deputato Alessandro Melicchio, che tifano per un network populista. Il centrosinistra è in mezzo al guado. Immobile, aspetta che a Roma siano sopiti i venti di crisi. Ma potrebbe esser tardi. La destra è avanti nei sondaggi ed è reduce dal cappotto delle regionali del 2020. I nomi sono sempre quelli: il consigliere reggino Nicola Irto e il deputato catanzarese Antonio Viscomi. Ma sono nomi che non scaldano né gli animi e né le urne.

C’È POI LA MINA VAGANTE Mario Oliverio. L’ex presidente si sta godendo i giorni post-assoluzione. Le accuse mossegli dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, sono cadute in dibattimento: assolto con formula piena. Ora si aspetta che Nicola Zingaretti gli chieda scusa per non averlo ricandidato. Ma il segretario dem non ne ha la minima intenzione.

IN QUESTO TEATRINO, la scesa in campo di Luigi de Magistris agita la sinistra. La neonata formazione Calabria Aperta si è già spaccata tra i sostenitori di un’alleanza con il Pd e chi invece apre al sindaco di Napoli. Come Filippo Sestito, della presidenza nazionale Arci: «È il tempo di una coalizione larga con una figura autorevole e con esperienza. È il momento di un fronte ampio e civico, dai dem a Dema aperto a movimenti e comitati, senza lasciarsi ammaliare dalle sirene populiste di Tansi».

De Magistris ieri era a Cosenza e Rende oggi sarà a Riace. Prova a tessere il mosaico di liste e alleanze. «Costruiremo insieme un programma chiaro e forte. Candideremo persone che hanno storie individuali e collettive credibili. Voglio dare voce a chi non l’ha avuta, potere a chi considera il potere come servizio per il bene comune e non come luogo per perseguire interessi di parte. Sono consapevole – riconosce il sindaco – dell’impresa che appare impossibile, ma nulla è impossibile se c’è la volontà e lotterò con entusiasmo per la vittoria insieme alla maggioranza del popolo calabrese».