]«Non mi dimetto». Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, lo ha ripetuto per tutta la giornata, prima in consiglio comunale durante i lavori per l’approvazione del bilancio preventivo e poi in conferenza stampa. La risposta ripetuta come un mantra dopo le dichiarazione del presidente del Senato, Pietro Grasso, in città per inaugurare la fondazione Foqus dell’ex assessore bassoliniana Rachele Furfaro. «La legge Severino va applicata – ha dichiarato Grasso -, è stata infatti già applicata ad altri sindaci. Penso sia inevitabile che venga applicata» e poi «de Magistris valuterà al meglio la situazione. Sa benissimo che se non lo dovesse fare ci sarebbe comunque un provvedimento da parte del prefetto non appena si renderà esecutiva oppure si depositerà la motivazione. Poi naturalmente ci sarà il seguito dell’appello, dell’impugnazione che potrà eventualmente dare un contorno definitivo alla vicenda».

Una dichiarazione che è un avviso di sfratto. Con lui c’era anche il prefetto Antonio Musolino, a cui toccherà decidere sull’applicazione della legge Severino in base alla quale l’ex pm, condannato in primo grado dal Tribunale di Roma per il processo Why not, rischia la sospensione fino a un massimo di 18 mesi, ma l’applicazione della norma non è chiara: «Stiamo aspettando gli atti», ha spiegato Musolino.
Dalla mattinata in avanti è arrivato un fuoco di fila di dichiarazioni contro l’ex pm, la replica del sindaco giocata su tre fronti: i rapporti con la magistratura, il merito del processo e i riflessi politici. «Le dimissioni non ci saranno perché io resisterò. Continueremo a difendere questa esperienza che dà fastidio a molti. Farò il sindaco sospeso, vedremo se il prefetto vorrà assumersi la responsabilità di un atto lampo quando di solito passano mesi. Non c’è nessun automatismo».

Oltre i limiti della critica

L’Anm ieri ha censurato le dichiarazioni dell’ex pm, giudicandole gravi e offensive: «Pur non entrando nel merito della vicenda giudiziaria, le espressioni usate vanno ben oltre i limiti di una legittima critica a una sentenza perché esprimono disprezzo verso la giurisdizione – si legge in una nota -. Si tratta di parole tanto più inaccettabili poiché provenienti da un uomo delle istituzioni che ha per anni anche svolto la funzione giudiziaria».

All’Associazione nazionale magistrati de Magistris ha replicato: «Se l’Anm vuole censurare le mie dichiarazioni ha il diritto di farlo, Grasso può esprimere il suo parere ma anche io ho il diritto di dire la mia contro una sentenza che giudico indecente. Non ho criticato la categoria ma una sentenza specifica, che ho tutto il diritto di giudicare grave, ingiusta e intrisa di violazioni di legge. Non mi lascio trascinare da chi vorrebbe da me un attacco alla magistratura. Ho deciso che nei prossimi giorni pubblicherò sui social network gli atti, così chi vorrà potrà giudicare su cosa stavo indagando. Nel 2007 mi hanno sottratto Why not e l’inchiesta Poseidone, io sono stato rimosso e pure tre altri colleghi che indagavano su di me. I vertici della procura di Catanzaro, che volevano bloccarmi, sono stati tutti inquisiti».

I circa 90 procedimenti contro de Magistris sono finiti tutti per competenza a Salerno: «Come stabilisce l’articolo 11 del codice penale, come sa un qualsiasi studente di legge. Solo questo è stato portato a Roma da Achille Toro, andate a vedere chi è».

L’ex procuratore aggiunto di Roma e il figlio Camillo nel 2011 hanno patteggiato rispettivamente 8 e 6 mesi di reclusione, con pena sospesa, per il reato di rivelazione di segreto di ufficio nell’ambito dell’inchiesta sul G8 e sui cosiddetti Grandi Eventi. Dubbi anche su Paola Severino, autrice della legge: «All’epoca era l’avvocato di Romano Prodi. Adesso scrive una norma in cui non include il reato di falso ma quello di abuso d’ufficio senza passaggio di denaro. Oltretutto mi hanno condannato per delle intercettazioni di utenze non intestate a parlamentari, tra cui Prodi. Quando ce ne siamo accorti abbiamo subito attivato le procedure del caso».

Cantone e l’arco politico tutto

Infine il dato politico. L’amico Raffaele Cantone, vicino al Pd, gli ha detto con gentilezza che dovrebbe dimettersi, come il resto dell’arco politico: «Quando ero magistrato, contro di me si è messo in moto un potere criminale. Non mi sento perseguito ma ho pagato un prezzo alto. Sono l’unico, con Di Pietro, che si è dimesso dalla magistratura, non mi faccio dare lezioni di correttezza. Si è creata una saldatura tra vecchi interessi e nuove strategie, come quelle disegnate nello Sblocca Italia di Renzi. Mi appellerò al Tar, resto a difendere i cittadini. Continueremo a difendere questa esperienza che dà fastidio a molti, perché a Napoli abbiamo buttato fuori dai palazzi della politica affaristi e politicanti. Si vota il bilancio, domani è un altro giorno».

E se dovesse arrivare la sospensione? «Starò meno tempo a Palazzo San Giacomo e più per strada. Farò il sindaco sospeso».