L’assoluzione alla quale puntava da oltre tre anni, da quando era finito sotto processo a Roma per il modo in cui aveva condotto l’indagine Why Not da pm a Catanzaro, è arrivata ieri sera, in secondo grado. Nel frattempo il presunto reato – abuso d’ufficio per aver disposto l’intercettazione di parlamentari senza chiedere l’autorizzazione alle camere – era caduto in prescrizione. Ma Luigi de Magistris cercava un’assoluzione nel merito. Per restare sulla poltrona di sindaco di Napoli e ancor di più per provare a conservarla nelle elezioni della prossima primavera. La Corte d’appello di Roma ha assolto lui e il suo vecchio collaboratore Gioacchino Genchi. Senza margini di dubbio: i fatti non costituiscono reato. La legge Severino, confermata valida dalla Corte costituzionale solo due giorni, non è ora un problema per il sindaco di Napoli. Al contrario si rafforza il fronte dei critici di quella legge che, prevedendo la sospensione per 18 mesi degli amministratori anche dopo la condanna in primo grado, rischia di produrre danni eccessivi alle città.

Nel caso di Napoli non è andata così perché de Magistris, dopo un breve periodo di sospensione, è stato riportato a palazzo San Giacomo prima dal Tar e poi dal giudice ordinario che hanno sterilizzato gli effetti della Severino, in attesa della Consulta. E quando la Consulta ha dato torno alle tesi del sindaco, appena 24 ore dopo – ieri – i giudici dell’appello hanno fatto cadere l’origine dei suoi problemi. Non fu abuso d’ufficio quello del 2006 alla procura di Catanzaro. I giudici di Roma – in attesa delle motivazioni – hanno evidentemente creduto alle ragioni della difesa: l’allora pm de Magistris che indagava sulla gestione illecita di fondi regionali, statali e comunitari, non sapeva che le utenze telefoniche messe sotto controllo da Genchi erano di Romano Prodi, Clemente Mastella, Francesco Rutelli, Antonio Gentile, Marco Minniti, Sandro Gozi, Giuseppe Pisanu e Giancarlo Pittella, tutti parlamentari protetti dall’immunità. Era la tesi infondo sostenuta dalla pubblica accusa nel processo di primo grado, ma alla richiesta di assoluzione il tribunale rispose a sorpresa con una condanna a un anno e tre mesi per de Magistris e per Genchi. Sarà interessante capire perché i giudici di appello hanno assolto anche Genchi: in primo grado era stato indicato come regista delle intercettazioni in forza di una delega in bianco di de Magistris. Il sindaco non aveva rinunciato espressamente alla prescrizione, come pure aveva annunciato, ma non ne ha avuto bisogno e ha ottenuto l’assoluzione piena. Domani, nel terzo giorno di questa settimana cruciale, il tribunale civile di Napoli che avrebbe potuto dichiararlo sospeso dopo che la Consulta ha confermato la validità della legge Severino, dovrà invece prendere atto che de Magistris non si trova più nella condizione prevista dall’articolo 11 di quella legge «liste pulite». Resta sindaco, e un eventuale ricorso della procura generale in Cassazione per un reato chiaramente prescritto appare difficile.

Il processo Why Not, affidato ad altri magistrati, si è sostanzialmente concluso in un nulla di fatto, eppure all’epoca provocò una crisi di governo perché fornì all’indagato Mastella l’occasione per togliere la fiducia a Prodi. Fu per la gestione di quelle indagini che de Magistris venne condannato dal Csm e trasferito da Catanzaro a Napoli. Premessa alla sua candidatura, quattro anni dopo, nel 2011.
E adesso il sindaco è l’unico sicuramente in pista per le elezioni del prossimo anno. Con lui, evaporata l’Idv di Di Pietro, uno schieramento di sinistra che può andare dai comunisti a Sel a Fassina. Contro di lui, pare, lo stesso candidato della destra berlusconiana sconfitto quattro anni fa, Lettieri. E soprattutto il candidato che sceglierà il Pd, con un ingombrante ex favorito nel caso di primarie. È stato proprio Antonio Bassolino il primo a commentare l’assoluzione del sindaco, con il quale polemizza spesso: «Mi fa piacere per lui e per la città, saranno i cittadini a giudicarlo». Parole da sfidante. De Magistris stamattina terrà una conferenza stampa, intanto ha gioito così: «Sono convinto di avere svolto il mio mestiere di magistrato nel pieno rispetto della costituzione». Parole anche queste non casuali, ma una risposta otto anni dopo alla requisitoria del pg della Cassazione nel procedimento disciplinare: «De Magistris non è il modello di magistrato al quale si ispira la nostra costituzione». L’accusa che gli costò la toga, ma gli aprì la strada di Napoli.