La Campania è il simbolo dell’occasione mancata in quanto ad alleanze tra 5S e Pd sui territori. È anche una delle due sole regioni in cui il centrosinistra, allo stato dei fatti, corre per vincere. La rielezione del dem Vincenzo De Luca non servirà a rafforzare la traballante coalizione di governo e neppure a rinsaldare la leadership di Nicola Zingaretti.

Subito prima della pandemia si è arrivati a un passo dal realizzare l’alleanza giallo rossa in salsa campana, i sondaggi davano il governatore uscente perdente rispetto al possibile competitor di centrodestra, Stefano Caldoro. Il candidato di sintesi era stato individuato nel ministro Sergio Costa ma il suggello all’alleanza non è mai arrivato. Di questo il Pd incolpa i 5S e viceversa. Poi è scoppiata la pandemia e De Luca si è preso la ribalta: i sondaggi hanno cambiato verso e il Nazareno idea. Da maggio i dem, a Napoli come a Roma, hanno chiuso la porta a qualsiasi ipotesi di candidato alternativo. Vinceranno ma De Luca continuerà a governare a modo suo, essendosi imposto al suo partito. A cascata, stanno arrivando i primi mal di pancia sul fronte regionali e già si avvertono i possibili problemi sulle comunali del 2021, con Napoli al voto.

Intanto i sondaggi. L’istituto Noto la scorsa settimana dava De Luca al 45%, Caldoro al 39 e la candidata 5S Valeria Ciarambino al 13. Venerdì sono arrivate le stime Winpoll-Arcadia: De Luca al 65,4%, Caldoro al 21,9 e Ciarambino al 10,9. Se il centrosinistra non sembra raggiungibile per gli avversari, i problemi si aprono all’interno dello schieramento. Il Pd partenopeo ha posto al governatore tre punti: no alle candidature dei transfughi (come è accaduto con alcuni consiglieri di Napoli) che hanno abbandonato il partito pensando di essere eletti nelle liste satellite del presidente; basta imbarcare politici del centrodestra come ad esempio la consigliera regionale uscente di Forza Italia Flora Beneduce e l’ex consigliera regionale del Pdl, in quota Nicola Cosentino, Paola Raia; stop al moltiplicarsi di liste che finiscono per togliere voti al Pd. Alla prima convocazione per affrontare il tema addirittura se ne contavano 16 che dovrebbero scendere almeno a 12.

Nel 2015 i dem raccolsero il 19,45% dei voti mentre le due civiche deluchiane presero in totale il 9,68%. Questa volta la concorrenza è più forte innanzitutto perché potrebbero essere tre: a Campania libera (quella che tradizionalmente pesca a destra) e a De Luca presidente (che dovrebbe schierare le assessore uscenti Chiara Marciani, Sonia Palmeri e Lucia Fortini) si dovrebbe aggiungere Fare democratico, De Luca presidente ispirata dal presidente dell’Asi di Napoli Giosi Romano.

Per le comunali partenopee, la strategia la spiega il presidente del Pd di Napoli, Paolo Mancuso: «De luca è un uomo di partito che ha sviluppato una sua autonomia, anche in conflitto con la segreteria nazionale. A Napoli il Pd negli ultimi 10 anni non c’è mai stato, ci sono stati i commissari, così il governatore in città si è mosso nel vuoto pneumatico. Per arrivare alle comunali partenopee dell’anno prossimo si parte dalla conferenza programmatica del 10 e 11 luglio all’Ippodromo di Agnano: servirà a riallacciare i rapporti con la società civile, ridare spessore al partito, mettere in campo i ministri di Napoli come Enzo Amendola e Gaetano Manfredi per elaborare un nuovo progetto di città».