Gregorio De Falco è senatore del gruppo misto e militare di ultraventennale esperienza come Capitano di fregata nella marina italiana, adesso in aspettativa.

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (5S) ha detto che le acque in cui si trovavano i pescatori italiani «sono pericolose e proibite». Esiste un diritto esclusivo della Libia?

Assolutamente no. La Libia rivendica da tempo un diritto esclusivo che non ha alcun fondamento storico né giuridico. La pretesa di chiudere il golfo della Sirte nelle acque territoriali libiche è stata apertamente contrastata dalla comunità internazionale. La convenzione internazionale sul diritto del mare Unclos-Montego Bay del 1984 fissa in 12 miglia il limite delle acque territoriali. La Libia si era appellata al concetto delle «baie storiche», come Taranto, che permette di ricongiungere golfi in cui gli estremi sono più lontani se il tratto di mare ha avuto una pertinenza esclusiva dello Stato costiero. Ma per il golfo della Sirte, che comunque è gigantesco, questo non vale: non è mai stato solo libico. Che quelle acque siano pericolose è vero, ma lo sono anche quelle del Corno d’Africa, ad esempio. Per questo ci sono missioni internazionali che tutelano la libertà dei mari.

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini (Pd) ha dichiarato che gli assetti militari sono «presenti costantemente» nella zona in questione. La marina presidia le acque internazionali davanti alla Libia?

Sì, con l’operazione Mare Sicuro. Il problema è che il baricentro degli assetti militari è stato spostato a nord. A maggio-giugno 2018 in Senato lo chiedevano a gran voce Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Perché?

Dicevano che le navi di guardia costiera e marina militare dovevano arretrare per evitare di soccorrere i migranti. Ma non si può chiedere di ritirare le navi verso nord e poi rammaricarsi che i pescherecci diventino bersaglio delle motovedette di Tripoli, tra l’altro regalate dall’Italia. Aver tolto dal mare le Ong e tutti i possibili testimoni, compresi quelli istituzionali, lascia le imbarcazioni indifese. Non va neanche bene proteggere solo i mercantili che trasportano prodotti petroliferi e non curarsi dei pescherecci. Ci sono persone che vivono di pesca.

L’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ex capo di stato maggiore della marina, ha affermato: «Non aspettiamo il morto per intervenire. Le navi della marina devono tornare a presidiare il Mediterraneo nelle aree calde d’interesse nazionale». Non ci sono stati morti finora?

Se De Giorgi considera che ci sia stato solo un ferito non tiene conto che in quel tratto di mare sono morti centinaia di migranti. Gli ultimi pochi giorni fa. Lui si riferisce ai morti italiani ma è una concezione molto limitata. Quando una nave è in mare non deve fare solo i suoi interessi, ma è obbligata a proteggere la vita di chiunque si trovi in pericolo. De Giorgi lo sa e dovrebbe ricordarselo perché l’operazione Mare Nostrum, di cui giustamente si fa vanto, nacque proprio con quell’obiettivo.

Quali sono le funzioni più importanti della marina militare in tempo di pace?

Le marine militari non devono solo proiettare la forza in senso offensivo, ma principalmente garantire la libertà dei mari. Soprattutto per un paese come l’Italia, che ripudia la guerra. La nostra marina ha il compito di presidiare le acque internazionali per assicurare la libertà di navigazione. E quindi anche il commercio marittimo, così importante per un paese proiettato nel Mediterraneo. Oltre ai compiti principali, poi, ci sono quelli generali a cui nessuno può sottrarsi. Come il dovere al soccorso. Mi stupisce che il comandante della missione europea Irini, l’ammiraglio italiano Fabio Agostini, non solo affermi che i libici siano affidabili, ma quasi si vanti che in un anno la sua missione non ha compiuto soccorsi. O erano distratti o si sono tenuti lontani.

Il premier Draghi a Tripoli ha ringraziato la sedicente «guardia costiera» libica per i salvataggi dei migranti. Ma i colpi di arma da fuoco sono partiti proprio dalla motovedetta Ubari, regalata dall’Italia. A fine maggio il parlamento dovrà decidere se rifinanziare quella cooperazione. Possiamo permettercelo?

Draghi è un uomo intelligente, ma quell’espressione è incomprensibile. Se non in una complicata chiave geopolitica. Le cose però sono molto più semplici: non possiamo avere a che fare con quei delinquenti. Soprattutto per la finalità del contenimento dell’immigrazione attraverso il deterrente della morte. Non dobbiamo assolutamente rifinanziare la missione. Anzi, dobbiamo denunciare tutti gli accordi esistenti. Altrimenti i libici ci ricatteranno sempre di più e con maggiore violenza.