A condizionare la settimana della moda di New York, la prima delle quattro che proseguono a Londra, Milano e Parigi, è stata Miuccia Prada che si è imposta con due eventi su una Fashion Week che ha dimostrato di avere, con la sua visione prettamente americana della moda, una natura assolutamente Local a dispetto della città più Global del pianeta in cui si svolge. Lasciando abiti e sfilate nei suoi posti dedicati, a Milano per Prada e a Parigi per Miu Miu, la leader di ogni tendenza del momento si è presentata a New York con quello che le riesce più congeniale quando parla di moda, e cioè con l’elaborazione di senso e di contenuto che va oltre il vestito.

 
Il primo evento è il terzo capitolo del progetto Prada. The Iconoclast attraverso il quale, con l’intervento di artisti e costumisti, Prada riesce a essere iconoclasta di se stessa. Il secondo è la proiezione di De Djess  un corto di Alice Rohrwacher che costituisce il nono capitolo di Miu Miu Women’s Tales, la serie di cortometraggi diretti da registe (nel passato, Zoe Cassavetes, Giada Colagrande, Massy Tajedin, Hiam Abbas) che esplora criticamente la quotidianità femminile di questo secolo.
Nelle vetrine dell’Epicentro Prada di SoHo, progettato da Rem Koolhaas, sono apparse le scene immaginate dal costumista Michael Wilkinson (American Hustle) e dall’architetto Tim Martin che, utilizzando gli abiti della p/e 2015 di Prada, hanno stravolto l’immaginario conformista che domina New York, come in una specie di Dolce Vita felliniana trasportata a Manhattan. A queste seguiranno le vetrine di Londra curate dalla costumista Arianne Phillips (Kingsman: The Secret Service) e quelle di Parigi curate dalla costumista tre volte premio Oscar Milena Canonero (Barry Lindon, Momenti di gloria, Marie Antoinette) che ha trasformato gli abiti nella rappresentazione dei cinque elementi.

 
Rispettando la tradizione dei corti di Miu Miu Women’s Tales, il film della Rohrwacher pone moltissime domande sulla compatibilità della vita contemporanea con la realtà femminile. Attraverso inspiegabili svenimenti di donne bionde, il turbamento di un’attrice famosa (Alba Rohrwacher), il predominio della vita segreta degli oggetti su quella troppo palese delle persone, De Djess pone una domanda fondamentale per tutti noi che viviamo in questi anni di ripetizioni continue di atti e pensieri svuotati di significato: che cosa e chi può salvarci dall’ovvietà della nostra vita? Il film non fornisce risposte, ma mostra una deriva quando insinua che viviamo in un mondo riflesso in cui sono gli oggetti a scegliersi i proprietari e non il contrario.

 
Il crash che questa invasione di moda-con-pensiero ha provocato a New York, dove il sistema della moda non sa trasportare l’abito nel mondo del pensiero e lo tiene recluso nel mondo degli armadi, può essere allarmante. Ma è anche affascinante, perché dimostra che la produzione di contenuti che la moda ottiene con il dialogo e la contaminazione con altri linguaggi è una grande via di salvezza.
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