Mattinata decisiva quella di oggi a palazzo Madama per capire le sorti del ddl Zan contro l’omotransfobia. Alla fine, nonostante il tentativo del centrodestra con il supporto dei renziani di rinviare il voto di un’altra settimana, oggi l’Aula voterà sulla richiesta di Lega e Fratelli d’Italia di non passare all’esame degli articoli. Tradotto significa che il Senato, se passasse la proposta, non si occuperebbe più per almeno sei mesi della legge. Che dunque morirebbe.

LA GIORNATA DI IERI si era aperta con l’appello del leader Pd Enrico Letta al centrodestra. «Se passasse la tagliola di Lega e Fdi sarebbe una pietra tombale sulla legge», ha detto alla direzione dem. «Faccio un appello a tutte le forze politiche per evitare questo. Sarebbe uno schiaffo alla maggioranza della società italiana che vuole una risposta sui temi del ddl Zan, soprattutto i giovani».

La richiesta di Letta è caduta nel vuoto. Nel pomeriggio Zan ha incontrato solo i gruppi del centrosinistra più Italia Viva, gli altri (compresa Forza Italia che era stata possibilista) non hanno voluto sedersi al tavolo. I renziani hanno proposto di ripartire da una vecchia proposta di Ivan Scalfarotto del 2013, un modo per perdere tempo.

Nel frattempo al tavolo convocato dal presidente leghista della commissione Giustizia del Senato Ostellari (cui non hanno partecipato sinistra e M5S) Lega e Pd si sono scontrati frontalmente: i leghisti hanno chiesto di rinviare tutto di una settimana, i dem hanno detto no. Lo steso copione si è ripetuto poco dopo alla conferenza dei capigruppo: qui anche Italia Viva si è unita formalmente al centrodestra nella richiesta di evitare il voto previsto per oggi. «Si rinvia e si lavora per trovare un accordo tra tutte le forze di maggioranza», ha detto Teresa Bellanova, renzianissima viceministra alle Infrastrutture.

PD, M5S E SINISTRA hanno fatto muro: basta con i rinvii. «In aula si capirà chi vuole questa legge e chi no», spiega Monica Cirinnà. In realtà, se il voto dovesse essere segreto come chiesto dalla Lega (e la presidente Casellati pare orientata a concederlo), i responsabili dell’affossamento potrebbero restare irreperibili come i famosi 101 di Prodi. «Noi ci saremo tutti, anche chi era in missione è stato richiamato», spiega ancora Cirinnà.

TRA I DEM SONO ORE difficili: si fa di calcolo col pallottoliere per capire se i numeri ci saranno, al netto dei possibili franchi tiratori. Si confida che, col voto segreto, non tutti i senatori di Italia Viva siano disponibili ad affossare la legge. E pure qualcuno di Forza Italia potrebbe votare per salvare il ddl Zan. Insomma, il voto segreto non viene considerato per forza un vantaggio per le destre.

Preoccupa i dem invece il fatto che i renziani per la prima volta si siano schierati con la Lega nella richiesta di rinvio: il segnale che l’asse tra i due Mattei è più vivo che mai.

«Il centrodestra non ha mai avuto nessuna intenzione di mediare o trovare un accordo altrimenti avrebbe rinunciato alla tagliola», si sfoga la capogruppo Pd Simona Malpezzi. «Noi abbiamo dimostrato buona volontà e ci aspettavamo che le altre forze dimostrassero coerenza rispetto a quello che hanno ripetuto per mesi». «Noi chiederemo il voto palese, perché è importante che tutti si assumano le proprie responsabilità», conclude Malpezzi.

IERI DEL MERITO praticamente non si è parlato. Tutta la giornata è stata occupata da schermaglie procedurali. Il più sincero è stato Ignazio La Russa: «Noi siamo contrari al disegno di legge Zan, non capisco perché dovremmo ritirare la richiesta di non passaggio all’esame degli articoli che abbiamo presentato con Calderoli. Per noi, se il ddl viene bocciato è un aiuto che si fa alla cultura italiana».

Una opinione condivisa di fatto da tutta la Lega e da un ampio pezzo di Forza Italia. Non da Italia Viva, che si trova in difficoltà, desiderosa di dare un calcio ai dem ma preoccupata di schierarsi apertamente coli sovranisti sui diritti civili. Così prova a scaricare le colpe su altri. «È da irresponsabili andare subito in aula senza trovare prima un accordo», tuona il capogruppo Davide Faraone. Gli risponde Loredana de Petris di Leu: «La tagliola è come una pistola sul tavolo. Nessuno si siede a un tavolo se l’altro ha ancora un’arma».

IN TARDA SERATA in casa Pd si respira un filo di ottimismo sul voto di oggi. Se la tagliola saltasse, spiegano, «a quel punto potremmo sederci al tavolo e trovare una mediazione». Anche perché ci sono ben 700 emendamenti da affrontare in aula. Tra i dem viene ribadito che c’è una disponibilità a rivedere l’articolo che regola le campagne anti-omofobia nelle scuole.