In Chaco Daniele Incalcaterra torna a combattere per Arcadia la riserva che finalmente era riuscito a fare riconoscere dal governo paraguayano. Il terreno di 5000 ettari di foresta acquistati dal padre, di cui era stato costretto ad occuparsi avendoli ricevuti in eredità e destinati da lui ai guaranì, con il cambio di governo sono diventati ancora più impenetrabili. In El impenetrable del 2012 ci faceva entrare alla scoperta del luogo, ora l’intera zona e sotto assedio circondata dalla multinazionale della soia che non permette l’accesso.

TORNIAMO negli stessi luoghi ed è incredibile come solo con due o tre location il film riesce a creare suspense e dramma, così come con la sua flemma filosofica il regista spinge lo spettatore a un desiderio di azione militante. Era già stato una battaglia burocratica determinare l’esistenza ufficiale di Arcadia, ora sembrerebbe una battaglia persa, un uomo solo contro le multinazionali, un Davide contro Golia ma con la macchina da presa.

LA COREGIA di Fausta Quattrini sua compagna nella vita è fondamentale per la scelta di metterlo in scena nei suoi andirivieni tra uffici e steccati, sale d’aspetto e hotel, percorsi sul pickup fra i territori del Chaco e telefonate via Skype con il fratello funzionario dell’Onu che già avevamo incontrato nel primo film e che sa bene come vanno queste cose. In quella sorta di non luogo dei meandri della politica, delle attese inconcludenti Chaco mette in scena da una parte l’impotenza del singolo di fronte ad azioni di smisurata portata come la deforestazione forzata, dall’altra l’ostinazione a testimoniare una situazione non più impresa di un singolo, ma di valore collettivo.

LA FORESTA che ci sembra di attraversare, quasi un ritorno alle terre inesplorate, è solo un miraggio, una quinta. Dietro agli alberi compaiono distese di pascolo e di terreno da coltivare. Intorno ad Arcadia non c’è semplice eliminazione della foresta, ma il più alto livello di deforestazione del mondo, come è stato calcolato. Le poche inquadrature che ritagliano dettagli di natura sono presto sostituite dalle costruzioni della città, da stanze di hotel dove aspettare appuntamenti, da vetrate da cui scorgere i palazzi del potere, le stanze delle decisioni supreme.
Il film ha vinto il Festival dei popoli.