All’inizio degli anni Zero, David Peace entrò nell’attenzione della critica grazie a una serie di romanzi a tinte alquanto fosche, aventi per titolo ognuno l’anno in cui le vicende narrate si ambientavano: 1974 e 1977, usciti in Italia da Meridiano Zero e 1980 e 1983, tradotti da Marco Tropea, tutti ispirati ai crimini di Peter Sutcliffe, lo «Squartatore dello Yorkshire», che assassinò tredici donne tra il 1969 e il 1981, e morì in carcere di Covid lo scorso novembre. Ancora da Tropea, nel 2006, uscì – quella che l’autore stesso chiamò – «la conclusione naturale di quella serie», GB84, ora riproposto dal Saggiatore (traduzione di Marco Pensante, pp. 476, e17,00).
Ambientato, come i precedenti, in quell’Inghilterra del Nord per lo più ignorata tanto dalla narrativa canonica britannica quanto da quella mainstream (se si eccettuano alcuni romanzi di Jonathan Coe, non a caso molto più apprezzati Oltremanica) GB84 riguarda le tragiche vicende del grande sciopero dei minatori contro la chiusura dei pozzi decretata dal governo Thatcher, una vertenza che si protrasse per più di un anno. Dal 5 marzo 1984 al 10 marzo dell’anno successivo, l’andamento del romanzo è suddiviso in altrettanti capitoli, disegnando quasi una cronologia degli avvenimenti, che – tuttavia – riguardano non soltanto i soggetti implicati nella vertenza – i minatori e le loro famiglie, i sindacalisti, i liquidatori dei pozzi, il governo, i mediatori – ma anche una serie di personaggi che dalla vicenda traggono vantaggio per le loro azioni criminali.

Il lavoro di Peace, in effetti, è tutto fuorché un documento neorealista sulla condizione operaia e sindacale al tempo della Thatcher: si tiene lontano dal tipico working class novel inglese, sia nella forma del tetro realismo sociale di Gissing, sia dalla rabbia anarcoide di Sillitoe. Sovrapponendo e giustapponendo quattro piani narrativi differenti, che si rincorrono a ritmo frenetico di capitolo in capitolo (ovvero, di settimana in settimana) e alternando sezioni in tondo a paragrafi in corsivo, racconti brutali in terza persona a pagine di monologhi interiori su due colonne, Peace costruisce un romanzo di feroce violenza, che destabilizza chi legge e sembra non lasciare via di scampo. Alle due vicende centrali parallele, che vedono protagonisti da un lato un assistente di Arthur Scargill, il leader del sindacato dei minatori e, dall’altro, un ricco faccendiere impegnato a vanificare la lotta con ogni possibile mezzo, si alternano brani in corsivo, dedicati a un losco figuro le cui violenze si intrecciano ai vandalismi e alle brutalità perpetrate da gruppi fascisti e attribuiti ai minatori in sciopero.
In un quadro storico ricostruito minuziosamente sulla scorta di una vasta bibliografia (reperibile in appendice), Peace inserisce così episodi fittizi degni del più teso noir americano, violenze e crimini che giocano come un memento dei tanti casi di corruzione, abusi di potere e giochi sporchi disseminati in quelle cinquantatre settimane di sciopero. Non a caso, qui come nei suoi romanzi precedenti, le vicende private di chi non è protagonista della stori ma si limita a soffrirla, sono tenute separate dalle vicende centrali: al flusso di coscienza delle vittime (in questo caso, i minatori Martin e Peter) sono riservate le pagine a due colonne che aprono ogni capitolo.

Sarebbe vano cercare in GB84 il romanticismo della sconfitta o l’esaltazione della solidarietà, che di solito si ritrovano nei romanzi dedicati alle lotte dei minatori: Peace conclude con questa esortazione – «Svegliatevi! Questa è l’Inghilterra, la Vostra Inghilterra … E l’Anno è l’Anno Zero» – marcando la fine di «un evento tragico e violento, nel quale il governo di un Paese scagliò tutte le sue forze contro cittadini-lavoratori che pagavano le tasse, e li distrusse». Scritto in uno stile frenetico, sincopato, il romanzo è anche una appassionata e cruda resa narrativa di fatti che hanno portato a un radicalmente negativo cambiamento nel rapporto tra capitale e lavoro.