In copertina un ritratto che gli ha fatto l’amica di sempre Joan Baez: colori pastellati, pochi tratti per dare il senso di quegli occhi profondi, i baffoni ingrigiti folti, i capelli bianchi residui ancora lunghi, perché un vecchio freak come lui su questa storia ci ha perfino scritto una canzone, mezzo secolo fa, che diceva «mi sono quasi tagliato i capelli», in pratica «l’ho rischiata grossa». Compie ottant’anni oggi David Crosby, li festeggia con un nuovo disco emozionante e tra i più belli della sua carriera complessa, e oggi come sempre l’uomo è un dolcissimo, spiazzante viluppo di contraddizioni. Perché radici e identità, a differenza di quanto crede Giorgia Meloni, sono costruzioni complesse e figlie di logiche non lineari. Siamo molte cose assieme, e nello stesso momento. Non accumuli di dati necessitati biologicamente. David Crosby, oggi un uomo anziano ma spietatamente lucido, lo sa molto bene. Ce l’ha fatta a vedere l’arrivo dell’era di Acquario che il Movement in California attendeva come un’era di pace, di amore libero e senza etichette, e di derive controllate alla ricerca di inusitati spazi interiori nella mente, complici anche le sostanze psicotrope.

A LUI QUESTE ULTIME gli hanno anche fatto rischiare la vita: è sopravvissuto a tutto come un highlander freak. Non è andata così, con l’american dream in chiave libertaria, ma almeno il sogno di una musica profonda che mettesse in conto sapienza folk e tintinnanti ricerche sulle corde della chitarra, a caccia di accordi complessi e basi armoniche mai tentate per costruire canzoni sognanti, come Guinnevere, usata poi anche dall’amico Miles Davis, c’è ancora tutto. Non ci sarà più invece, probabilmente, il sodalizio con Stills, Nash & Young, che ha regalato al pianeta gli splendori acustici ed elettrici di Deja Vu e Four Way Street: gli anni hanno acuito incomprensioni e dissapori, ognuno fa parte per se stesso. Crosby ha vissuto cinque vite in una: è finito in galera, ha subito un trapianto di fegato, s’è tirato fuori dalle dipendenze e dall’apatia con il gesto del Barone di Münchausen che solleva se stesso e il cavallo dalla pozza tirandosi fuori da solo per i capelli. É perfino diventato una sorta di nonno dispensa – consigli e buonumore sulle colonne di Rolling Stone, con una sua rubrica, «Ditelo a Croz». Oggi è un ottantenne dall’intelligenza lucida che, affiancato dal figlio ritrovato James Raymond, riconosciuto dopo decenni e ritrovato eccellente musicista riesce ancora a regalarci dischi incantati come questo For Free.

C’È DA DIRE, anzi, che la fretta convulsa degli anni che corrono veloci ha scosso anche David Crosby dal torpore pigro che per troppo tempo l’ha incatenato. Le mani ora sono fiaccate dall’artrite, gli arpeggi leggendari non sono più cristallini, ma la voce è intatta e la musicalità ancora poderosa. Troverete la For Free dal canzoniere di Joni Mitchell che intitola il tutto, un brano assieme a Donald Fagen degli Steely Dan, una struggente I Won’t Stay For Long, «non ci sarò ancora per molto». Una gran bella festa di compleanno. Da festeggiare anche recuperando un vecchio disco, Black Tarantella: ci trovate l’incredibile E ’ A Maronn’ accumparett’ in Africa, David Crosby in inglese e Enzo Avitabile in napoletano a cantare l’impossibile. Con naturalezza.