La ragione per la quale dobbiamo prediligere la più ampia varietà possibile nel nostro orto, nel nostro orto o giardino che sia, è che da bellezza nasce sempre bellezza e che fare di tutto per avere a dimora ricchezza di specie dimostra che tutto è strettamente connesso.

La semplice presenza di una specie poco conosciuta ci aiuta a tenerne in mente il nome. Non possiamo, non dobbiamo, introdurre piante rare senza averle desiderate ed apprezzate e quando desideriamo una novità tra le nostre aiuole, dobbiamo ben conoscerla e sapere molto. Il nome botanico, il nome comune, il nome popolare locale. Nel nostro terreno dobbiamo imparare a tenere bene in mente il nostro «nome della rosa».

Stat rosa pristine nomen, Umberto Eco, nell’esergo del suo romanzo più famoso, e in quel romanzo era un riferimento continuo ad erbe. Era un Giardino dei Semplici che possiamo ancora trovare all’orto botanico di Padova, ma dobbiamo recarci in quel luogo muniti già di un nostro sapere. Ci sono stato qualche settimana fa: proprio nel luogo topico, la parte più antica dell’Orto Botanico più antico d’Europa, e tutti i cartellini, tutti, erano sbagliati. Cosa è successo? Che molte essenze più forti ed invasive delle altre, la borragine, per esempio, ha infestato le piazzole delle altre essenze e dove era scritto «assenzio» vi si trovava lei, la borragine. Ecco, se fossero stati a posto, in quel luogo avremmo potuto imparare nomi. Nel nostro orto non dobbiamo mettere cartelli didascalici. Impariamo ad introdurre innumerevoli nuove varietà, i vivaisti saranno ben felici di illustrarci esattamente nome e cognome, il nome della singola specie ed il suo appellativo, lasciamoci incantare dalle suggestioni.

Ad Orticola, a Milano, lo scorso maggio, ho saputo, per esempio, che un vivaista, Mauro Zanelli da Montichiari, proponeva la mandragora, mandragora autumnalis… Dobbiamo dare nomi nel giardino, una mandragora con tutta la sua suggestione potente ed evocativa, la volevo fortemente. Naturalmente, il solo nome non basta, devono seguire le azioni, sapere se e come questa magica pianta può allignare dove noi coltiviamo. Dove, in quale luogo, associata o singola, con quale luce, quale terreno, quali cure. E sempre, tutto questo ha un nome.

Se i monaci orientali praticavano l’esicasmo, ripetendo il nome del Pesce, Iesus Xhristos Teous Ouios Soter, di continuo, e così i monaci buddisti, sarà meglio che il nostro giardino sia una filocalia, la scelta delle essenze più belle e le migliori, per noi. «Abrotano, Acetosella, Alchemilla, Althea, Artemisia, Assenzio …». Ho provato a compitare mentalmente ordinandole alfabeticamente, quelle con la «A» e sono solo le erbe presenti nel mio giardino. E non voglio dire dei rimandi infiniti alle forme, ai profumi, ai colori, ai luoghi dove le abbiamo collocate, la memoria delle persone che me le hanno regalate, il vivaista dove ho acquistato, soffermiamoci sui nomi. Il verde delle salvie è diverso dal verde delle artemisie e le salvie stesse hanno tonalità infinite di verde. Nomi, i colori dei nomi, salvano.