Nel polverone post-datagate va concisamente al nocciolo Michael Daly. Il suo lucido pezzo per il Daily Beast sottolinea il paradosso di un opinione pubblica scandalizzata per l’operazione Prism ma che allo stesso tempo non vede nulla di strano nel fornire volontariamente una valanga di dati alle corporation di internet. C’è grande scalpore, scrive Daly, per l’invasione della privacy da parte del governo ma la realtà è che nell’era dei social network la privacy da violare è rimasta ben poca. I connotati rilevati dallo stato sono in realtà già stati abbondantemente acquisiti dai vari Google, Amazon, Facebook e tutte quelle aziende...