Ogni governo ne ha una: la «tolleranza zero» in salsa giallo-rossa riguarda le risse. Che naturalmente sono state scoperte con l’omicidio del povero Willy Duarte ucciso di botte a Colleferro il 5 settembre scorso da una banda di violenti. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ne ha subito rivendicato la paternità su Facebook, ha perciò ottenuto che tra le norme del dl Sicurezza, approvato nel Cdm di lunedì notte, ci fosse un «Daspo antirisse» per i violenti, come lo ha battezzato egli stesso, e l’inasprimento delle pene per chi partecipa ad una rissa.

È quanto prevede uno degli ultimi articoli del testo, cofirmato da Conte e dalla ministra Lamorgese, che esulano dalla questione migranti e che invece, rispondendo a recenti sollecitazioni dell’opinione pubblica, introducono nuove fattispecie di reato. Nel tentativo di dare una stretta al regime di detenzione del 41-bis, di arginare il fenomeno della vendita on line di stupefacenti, e di centrare maggiormente il reato di oltraggio a «pubblico ufficiale» sostituendo quest’ultimo termine con un meno generico «ufficiale o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria».

Rimarrà comunque punibile l’«oltraggio» ad un magistrato (art.343 cp). Per quanto riguarda la vendita di sostanze sul web, modificando il testo unico 309/90 il decreto estende la modalità di oscuramento utilizzato per i siti pedopornografici a quelli che, «utilizzati per la commissione di reati in materia di stupefacenti». Spetta ai «fornitori di connettività alla rete internet» impedire l’accesso ai siti segnalati, pena una sanzione pecuniaria da 50 mila a 250 mila euro.

Ci sono poi le norme per aumentare l’isolamento dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis e di Alta sicurezza (non solo mafiosi) configurando come nuovo reato l’introduzione o la detenzione in carcere di telefonini, con una pena da 1 a 4 anni sia per chi li introduce che per chi li detiene. «Nel regime precedente – spiega il 5S Nicola Morra, presidente della Commissione antimafia – il reato si configurava come un semplice illecito disciplinare sanzionato all’interno del carcere. Questa innovazione normativa penale finalmente pone un argine a prassi criminali che stavano fiaccando l’efficacia del 41-bis e dell’Alta Sicurezza, in un contesto in cui anche culturalmente si sta cercando di screditare tali regimi, anche a livello europeo». Morra si riferisce alle condanne della Corte europea dei diritti umani sul carcere duro italiano del luglio 2016 (Provenzano) e a quelle che potranno venire dopo la bocciatura dell’ergastolo ostativo.

Ricorda però il ministro Bonafede, che «sono 1.761, i telefoni rinvenuti dalla polizia penitenziaria nelle carceri italiane fino al 30 settembre scorso. In pratica, 200 al mese, oltre 6 al giorno. Il fenomeno è esponenzialmente in crescita: nei primi nove mesi del 2019 erano stati 1.206 e a fine settembre 2018 solo 394». Ma sapendo come, nella maggior parte dei casi, arrivano i telefoni in cella, il testo governativo prevede anche (secondo quanto annunciato dal Guardasigilli, anche se nella bozza non compare), l’aggravante con la reclusione da 2 a 5 anni quando a commettere il fatto è un incaricato di pubblico servizio o un avvocato.

Eppure un modo meno criminogeno ci sarebbe: «Altro discorso – ammette il senatore Morra – sarebbe schermare, con strumenti che tecnologicamente già oggi lo consentono, gli ospiti degli istituti di pena da tentativi di comunicazione non via cavo. Ma intanto si è fatto un passo in avanti con l’introduzione di questo nuovo reato». Un altro reato.

D’altronde è la via più semplice, come quel «Daspo antirisse» che secondo Bonafede renderà innocue le «persone incivili e violente, persone che spesso sono già state denunciate e sono note alle forze dell’ordine, persone che credono di poter sfogare violenza, rabbia e prevaricazione su chiunque». Più poteri al questore, dunque, per «vietare l’accesso ad un elenco di locali, da sei mesi a due anni: un vero e proprio Daspo per i violenti. In caso di violazione del Daspo, cioè per il solo fatto di violare il divieto di recarsi in uno dei locali indicati dal questore, si configura un reato con pena fino a 2 anni di reclusione e una multa da 8000 a 20 mila euro».

Inoltre, spiega ancora il Guardasigilli, «abbiamo stabilito un giro di vite per il reato di rissa con inasprimento delle pene. Se da una rissa deriva la morte o lesioni personali, si rischia una pena fino a 6 anni di reclusione per il solo fatto di aver partecipato a quella rissa». Si noti che finora l’art. 588 c. p. prevedeva comunque già 300 euro di multa per chi partecipa ad una rissa e da 3 mesi a 5 anni di carcere se ci sono morti o feriti. Ma così anche il ministro Bonafede può rivendicare la propria «tolleranza zero».