Avellinese ma romano di adozione, Danilo Bubani (classe ’88) ha realizzato molti clip per cantautori della scena romana. Ad esempio Per Fulminacci ha diretto Un fatto personale e il recente Santa Marinella, video del brano sanremese, ma soprattutto Resistenza, aperto da un prologo metanarrativo che diventa riflessione sulla metodologia su cui impostare lo stesso clip. Oppure per Germanò il fantascientifico Matteo non c’è che – dopo un prologo dialogato con Thony e Corrado Fortuna – è poi risolto con un lungo piano-sequenza seguito da un epilogo a sorpresa. Sempre per Germanò (trasteverino doc), ha diretto anche San Cosimato e Ça va: molto articolato il primo ambientato nel mondo delle corse di go-kart, minimale il secondo costruito su un piano unico al ralenti durante una festa di compleanno, entrambi comunque dal forte impatto cinematografico. Uno dei pregi dell’estetica di Bubani, oltre all’originalità della messa in scena e a un uso molto mobile, ma controllato e non nevrotico della camera, è il quasi totale rifiuto del playback. E anche quando il musicista canta – come nel caso di Arisa in Potevi fare di più (valorizzato dalla splendida fotografia di Stefano Usberghi) – la performance si dissolve in una trama di inquadrature, accuratamente impostate da Bubani, che potrebbero essere altrettanti nuclei narrativi da sviluppare. Ma la narrazione non è sempre frammentata, in alcuni casi, come in Martelli per Gazzelle (altro cantautore romano), si struttura in modo più puntuale e prende la forma di un triangolo di amore e amicizia (tra Jules et Jim e The Dreamers) che sfocia in dramma, scandito da alcune sapienti interruzioni della colonna sonora.

Come nasce il sodalizio con Daniel Bedusa con cui hai firmato diversi lavori?

Io e Daniel siamo amici e co-fondatori di Land Ho, un’agenzia di strategia e comunicazione attualmente specializzata in art department e progettazione props nel settore cinematografico. Negli anni abbiamo costruito insieme un immaginario che spesso ci ha portato a raccontare alcune storie a quattro mani. Nel tempo la co-regia è sfumata delineando due linguaggi differenti ma complementari, che a volte ci piace ancora far coesistere in qualche video, come appunto nell’ultimo di Arisa. Daniel attualmente vive a New York, dove abbiamo fondato Land Ho Ninja, un concentrato dei migliori registi, direttori della fotografia e sound designer con i quali abbiamo lavorato negli anni e che attualmente rappresentiamo nella grande mela. Insomma nel tempo la nostra visione si è ampliata ed oggi posso contare su una squadra di eccellenze di cui sono orgoglioso.

In che modo sei approdato al videoclip?

Dopo aver lavorato nella pubblicità come art director, ho sentito la necessità di dover raccontare storie o porzioni di storie, piccoli momenti specifici di una vicenda. Mi piacciono le trame ricche di sottotesti nelle quali far muovere personaggi complessi con le proprie storie alle spalle in scenari dalla forte componente estetica. Ogni volta che concepisco un video mi piace fornire al mio team quante più informazioni possibili. Per esempio nel caso di Ça va ho scritto più di 15 pagine di script solo per dare spessore psicologico al personaggio. In Matteo non c’è mostro solo il finale di un film che lo spettatore non vede e che io non ho mai girato.

Hai diretto diversi lavori per Fulminacci (al secolo Filippo Uttinacci) un musicista giovanissimo che promette bene, in che modo hai contribuito con i tuoi video a creare il suo universo visivo?

Solitamente ho un contatto diretto con l’artista, infatti lavoro su pochi video ogni anno e solo per le canzoni che mi piacciono davvero, proprio per dedicare al brano il giusto tempo. In fase di scrittura converso in maniera approfondita con il musicista cercando di cogliere più informazioni possibili, il senso del brano, ciò che ha voluto dire, poi puntualmente questi dati li stravolgo. Con Filippo ci siamo sempre divertiti, e credo che lui si rivolga a me proprio per l’esigenza opposta, cioè proprio quella di stravolgere momentaneamente il suo forte immaginario.

L’ultimo video che hai girato per Fulminacci è per il brano sanremese «Santa Marinella».

Quando ho ascoltato il pezzo mi sembrava senza tempo, così ho immaginato un Fulminacci gigante, pensando sia alla sua carriera «fulminante» (in un anno ha vinto il Tenco ed è andato a Sanremo), sia al fatto che molti critici lo definiscono un «giovane vecchio».
Quanto è importante per te la location? Spesso privilegi quella periferica o comunque anonima.
Non parto mai dalla location ma le conferisco grande importanza essendo il contenitore della mia narrazione. Ho messo in scena scenari distopici inquadrando vecchi edifici di architettura futurista per creare un’atmosfera da science-fiction come in Un fatto tuo personale di Fulminacci, ma anche costruito 250mq di finta foresta in studio per esprimere la disillusione del protagonista del video Stella di Giorgio Poi.

Il tuo debole per il genere fantasy o fantascientifico si evince anche da un altro tuo lavoro, «Matteo non c’è» per Germanò.

In realtà mi piace molto la dark comedy, che intendo come evoluzione di quello che era un tempo l’estetica fantozziana. Diciamo che sto cercando di rielaborare quel genere in versione contemporanea, concentrandomi sulla parte amara, drammatica, e non su quella comica. Comunque si, nel caso di Matteo non c’è mi sono molto divertito «strappare» letteralmente la faccia di Corrado Fortuna.

A proposito, cosa pensi dell’uso sempre più frequente di attori italiani nei videoclip?

Così come il regista nel campo della videomusica sperimenta dei linguaggi, l’attore lo sfrutta per interpretare personaggi che al cinema non potrebbe fare. Insomma il clip è una gita fuori porta un po’ per tutti, anche per il direttore della fotografia, che può utilizzare colori saturi o tecniche inusuali.

C’è un attore con cui ti piacerebbe lavorare?

Si, Lello Arena e credo che prima o poi capiterà.

E tra i musicisti?

Sto smuovendo mari e monti per fare un video con i Verdena, sarebbe un onore per me.

Possiamo parlare di una scuola romana oltre che di giovani cantautori anche di giovani registi di music video come te?

Credo che per troppo tempo si è discusso di scuole che hanno condizionato involontariamente l’estetica sia musicale che visiva. Penso solo che esista una scuola di registi bravi che vogliono superare il limite e che vedremo presto al cinema.

Hai anticipato la mia ultima domanda: l’impostazione semi-narrativa di alcuni tuoi lavori cela chiaramente l’ambizione di passare al lungometraggio a soggetto.

Ho in produzione un cortometraggio a cui tengo particolarmente che mi ha permesso di iniziare un sodalizio con una squadra di sceneggiatori e produttori cinematografici di grande talento. Abbiamo parlato anche del mio lungometraggio che avrà una intro sorprendente ma un finale normale.

Argomento?

Cucina kosher e talco.