Chiasme, il volume che Adalberto Mecarelli pubblica nel 2000, è da considerarsi una dichiarazione di poetica e, insieme, un prontuario, una sorta di manuale.

L’artista vi mostra come una pittura, una scultura, un’architettura si articolino in relazioni d’ordine spaziale commisurate a unità di tempo. Articolazioni di spazio e tempo che Mecarelli ha indagato nelle sue ricerche fin dagli anni 1967 e 1968. Mi riferisco alla serie di Spatiométrie ouverte e di Volume réel puntualmente commentate da Michel Seuphor in occasione della personale torinese presso la Galleria Christian Stein, nel 1971. Mecarelli verifica la sua ricerca su opere del passato secondo la regola del d’après. Richiamo qui, a testimoniare l’importanza e il rilievo del d’après, il nome di Picasso (i d’après da El Greco, Courbet, Manet e David fino alla celebre serie che ha per oggetto Las Meninas di Velàzquez – cinquantotto dipinti ad olio eseguiti a Cannes tra il 17 agosto e il 30 dicembre del 1957); e di Bacon che del d’après farà un canone (penso all’Innocenzo X di Velàzquez, al bue di Rembrandt, ai lottatori nudi fotografati da Muybridge). I d’après di Picasso e Bacon danno nuovi avvii ad ulteriori rapporti formali, liberando le tensioni racchiuse dentro Las Meninas o l’Innocenzo X e restituendo al proprio movimento le dinamiche che Velàzquez ha fissato in uno stato di provvisoria quiete. Assumono così l’opera non come una forma chiusa e intangibile, ma come l’equilibrio di forme che, una volta messo in questione, asseconda concludenze ulteriori. Come un testo che chieda d’essere volta a volta ricostruito secondo un filologico stemma dei codici. Il d’après è una sorta di esecuzione attiva dell’opera, è ricreare l’opera attraverso la sua drammatizzazione.

A questi principi di Picasso e Bacon si attiene Mecarelli con puntuale attenzione. Data al 1987 uno tra i primi e più significativi d’après di Mecarelli. Riguarda la facciata e la doppia scalinata della chiesa di San Martino a Siena, realizzate in pietra da Giovanni Fontana nel 1613. Mecarelli reca la figura luminosa di un triangolo rettangolo poggiato sul cateto minore a rifilare una modanatura, mentre una sfera che orna la balaustra riceve il rilievo pieno d’una luce portata.

Cerchio e triangolo di luce evinti dal disegno manierista dell’architettura ed eletti a nuova funzione costruttiva. Mecarelli investe di oscuramenti e di luci masse architettoniche, opere di scultura e di pittura. Calcola tali interventi in rapporto alle regole compositive che a quelle opere presiedono. Assume la coerenza di tali regole e ne sviluppa compatibili incrementi. Conforma all’opera sagome luminose e cortine d’ombra con l’intento di conferire ad essa ulteriori relazioni di spazio. Individua dell’opera i nessi costruttivi capaci di avviare nuove dinamiche d’ordine plastico. Evince parametri che, interni all’opera, consentono una apertura delle sue potenzialità formali. Potenzialità formali che investiga, se formare è dare spazio, rispetto ad un ordine spaziale. E tiene a mente che il costrutto spaziale d’una pittura, d’una scultura, d’una architettura è il movimento dell’osservatore entro mirate traiettorie. Distanze, percorsi, soste. Collocazioni e punti di vista, transiti e divieti entro il perimetro dell’opera. Mecarelli non tratta, dunque, l’opera come uno schermo su cui proiettare giochi di luce. È uno spazio, l’opera, entro il quale, come in un caleidoscopio, aggiustare e giustapporre, spostare ed espungere elementi portanti della composizione. È l’opera messa in questione nelle sue dinamiche compositive che Mecarelli proietta. Proietta, ovvero drammatizza e sommuove le opere di architettura, di scultura, di pittura prescelte. È potenziando alcune delle dinamiche accolte entro i loro propri confini spaziali che Mecarelli illumina o oscura, ora cancella, ora enfatizza. Proiettare l’opera è prendere il controllo delle sue forze, registrarne la portata e modularle secondo un nuovo piano di esecuzione. Vale dell’opera riattivare le energie. Imprimere loro impulsi rinnovati. Secondo un disegno inteso a ricrearne, conducendole a un nuovo compimento, le reciproche valenze.