Raccontare la condizione post-umana nel 2084 nell’Europa centrale ai tempi della Quinta repubblica polacca: gli sviluppatori cracoviani di Bloober Team scelgono questa volta di giocare in casa con Observer un’altra avventura grafica interamente in prima persona dopo Layers of Fear (2016), horror psicologico di ambientazione vittoriana che blobbava con disinvoltura Wilde e l’immaginario kubrickiano. La Cracovia immaginata da Bloober Team è irriconoscibile topograficamente. Soltanto alcuni manifesti richiamano indirettamente al linguaggio prescrittivo e all’iconografia della Repubblica Popolare di Polonia nei decenni in cui il paese era in orbita sovietica. Più cyberpunk e citazionisti di così non si può: il detective Daniel Lazarski è il doppio videoludico del Roy Batty di Blade Runner, incarnato da Rutger Hauer nella pellicola cult di Ridley Scott. L’altro personaggio secondario, ma comunque a tutto tondo, di Observer, interpretato da Arkadiusz Jakubik, un attore polacco sconosciuto finora in Italia, è Janusz il portiere del palazzo in cui va a vivere Lazarski. Janusz è un veterano ridotto in miseria dell’ultima grande guerra combattuta sul pianeta terra che non può contare su nessun aiuto statale. In Observer il capitale ha preso il sopravvento e non ha alcun bisogno di allearsi con il potere politico. Una nuova repubblica è stata fondata da Chiron, multinazionale che ha assunto il controllo del paese dopo la “grande decimazione”, uno scontro di civiltà tra Occidente e Oriente. Il colpo di grazia viene da un’epidemia di nanofagia, una sorta di peste nera digitale, che ha falcidiato la postumanità gettando gli ultimi replicanti sopravvissuti in un nuovo medioevo. Lazarski dispone di tre forme di visione per scandagliare l’ambiente di gioco: oltre a quella normale in soggettiva, il protagonista di Observer può contare anche su una visione bio per stanare ogni relitto di vita e di una terza visione elettromagnetica per individuare gli innesti-ricordi impiantati nei replicanti e scoprirne le connessioni neurologiche. Un triplo dispositivo necessario a mettere in pratica il concetto di “hidden horror”, utilizzato da Bloober Team per spiegare la loro ultima fatica videoludica il cui gameplay non è affatto basato sulla sopravvivenza dell’avatar. Come il pittore protagonista di Layers of Fear, Lazarski non può morire. Per dirla in termini benjaminiani, il videogioco non è in questo caso una forma d’arte che corrisponde “al pericolo di perdere la vita” sullo schermo come poteva esserlo invece il cinema. In assenza di ogni stoss, il videogiocatore attraverso il suo avatar non può morire ma viene invitato continuamente a riflettere sulle proprie paure videogiocate. Proprio come nell’etimologia del termine observare in latino che contiene il termine servare ‘serbare, custodire’, Lazarski e il videogiocatore sono chiamati a custodire nella propria mente quel che resta dell’umanità attraverso un dispositivo triplo di visione. Sul piano tematico Observer offre poi un’interpretazione distopica del sottoproletariato del futuro composto da relitti di replicanti. Sono tutti cittadini di categoria C che cercano di dimenticare la propria miseria attraverso il consumo di oleogrammi e droghe. Ma gli emarginati della categoria C di Bloober Team non sono gli zombi del cinema horror tradizionale che Slavoj Zizek ha assimilato in una recensione di Blade runner 2049 alla classe operaia da opporre agli aristocratici vampiri, esponenti invece delle élite al potere. Essi sono puro lumpenproletariat del futuro assimilabile agli “skin-job” nel romanzo di Dick, esseri incapaci di organizzarsi e di incidere sulla realtà. I diseredati di Observer vivono isolati nei loro appartamenti fatiscenti. Spesso Lazarski è costretto a comunicare con loro attraverso un videocitofono per portare avanti le sue indagini. L’incontro con l’Altro videoludico e i suoi brandelli post-umani non può e non vuole mai appagare fino in fondo il giocatore condannato ad una visione parziale dei fatti in un futuro forse lontano soltanto sulla carta.