«Io penso che sia sbagliato attaccare il sindacato in questo modo». Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, commenta così le frasi del premier Renzi di ieri.

Proprio in commissione Lavoro in questi giorni avete emendato il Jobs Act. Non ci dovrebbe essere maggior rispetto da parte del governo nei confronti di chi lo critica?

Io sono geloso di una vecchia regola: l’autonomia. Sindacato autonomo da imprese e governo, e allo stesso modo governo autonomo dal consenso delle parti sociali. È normale che un sindacato, se è insoddisfatto dell’azione di governo, dichiari sciopero: saranno i lavoratori a certificare l’adesione e la sua rappresentatività. Io rispetto il sindacato, e chiedo di essere rispettato.

Ma se il criterio è l’autonomia, allora è meglio il conflitto messo in campo da Renzi rispetto alla concertazione. Almeno le parti sono chiare.

Io preferisco la concertazione, l’ho praticata sempre, ma non è più il suo tempo. È lapalissiano che in assenza di concertazione aumenti il conflitto. Il governo fa leggi per favorire l’occupazione, ed è un bene che il sindacato convogli il disagio sociale, perché altrimenti rischia di diventare esasperazione sociale.

Il governo fa leggi per favorire l’occupazione? Ne siamo sicuri? La legge di stabilità creerà lavoro?

La legge di stabilità fa i conti con risorse limitate, anche se l’azione del governo in Europa ha reso meno rigidi i vincoli a cui siamo subordinati. E la reazione di Bruxelles appare ancora tarata sul rigore piuttosto che sullo sviluppo. Dentro questi limiti, le poste di bilancio magari possono non aumentare, ma si possono spostare. Io concentrerei più sforzi sugli ammortizzatori sociali. Se vogliamo che le tutele siano universali come lo stesso Renzi ha promesso, dobbiamo mettere almeno altri 500-600 milioni di euro: e allora si comincerà a ragionare, perché così avremo 1,6 miliardi veramente aggiuntivi.

Questo per le tutele. Ma la crescita?

Per la crescita servono quattro pilastri: 1) devono prendere corpo gli investimenti per 300 miliardi annunciati da Juncker. 2) I consumi interni: gli 80 euro vanno nella giusta direzione, ma non bastano. La non estensione a pensionati e partite Iva compromette il risultato. 3) Il sostegno all’export. 4) La diminuzione del costo del lavoro: il taglio dell’Irap sui tempi indeterminati e l’incentivo alle assunzioni con il contratto a tutele crescenti dal 2015, credo che aiuteranno. Le imprese, in attesa di questi risparmi, negli ultimi mesi hanno smesso di assumere.

Ma il nuovo articolo 18 varrà solo per i neo assunti? E in questo caso non si ricrea un “apartheid”?

Varrà solo per i nuovi assunti, con il contratto a tutele crescenti. Io avevo proposto una diversa soluzione, con la maturazione dell’attuale articolo 18 dopo 3 o 4 anni di prova, ma la mia linea non è passata.

Andiamo al cuore del Jobs Act, all’articolo 18. Il discriminatorio non lo avete salvato, quello è già garantito dalla Costituzione. Avete ottenuto il reinserimento dei disciplinari, peraltro limitato, e Cgil, Fiom, Uil scendono in piazza perché dicono che così tagliate le tutele. Vi sentite di difendere l’accordo raggiunto in maggioranza?

Serve onestà intellettuale. L’attuale soluzione è come quella di prima? No, è più bassa, è evidente. Ma non si deve dimenticare da dove siamo partiti: il governo voleva salvare solo i discriminatori. L’attuale formula è un copia-incolla del testo uscito dalla direzione del Pd. Si conserva la tutela per i licenziamenti discriminatori anche sotto i 15 dipendenti, per quelli nulli, e si tutelano anche quelli disciplinari, fermo restando che nei decreti attuativi si individueranno le fattispecie. Consideriamo che anche mantenendo la formula Fornero, quella in vigore oggi, per gli economici c’erano fattispecie limitatissime.

Si arriverà alla fiducia?

Non è detto, vedremo. Renzi diceva che avrebbe messo la fiducia sul testo uscito dal Senato. Noi ci siamo opposti e abbiamo accolto 37 emendamenti, 19 dei quali del Pd. Il controllo a distanza varrà solo su impianti e strumenti di lavoro. Si conferma la cig per cessazione di attività non definitiva. Si tutela il cococo, in attesa della sua cancellazione. I voucher vengono limitati nell’applicazione. Si introduce il sostegno parentale e il congedo per le donne inserite in percorsi di protezione in caso di violenza. È tutto quello che avrei desiderato? No, perché tutto non si può mai avere, ma dato l’impianto di partenza è una profonda correzione di rotta.