È partito ancora una volta, per la sedicesima volta, il Far East Film Festival di Udine, uno degli eventi cinematografici che il mondo degli appassionati di tutto il mondo ci invidia davvero, capace di portare nel capoluogo friulano il vento dell’Asia, sempre di più una molteplicità di correnti che divertono, stupiscono, incantano, infastidiscono, emozionano, giocano ed ispirano. L’incredibile varietà dell’offerta cinematografica e culturale asiatica è sempre stata ben rappresentata al Far East, ma da un po’ di anni a questa parte il panorama è sempre più ampio e stimolante, in questa edizione saranno infatti proiettati lavori provenienti da nove realtà produttive differenti, Hong Kong, Cina, Giappone, Corea del Sud, Thailandia, Malesia, Indonesia, Filippine e Taiwan. Luoghi che ci regaleranno anche la bellezza e l’incanto delle loro varie lingue ed inflessioni che alle prese coi generi più disparati, dall’action al thriller, dalla storia d’amore al film comico fino ad arrivare al documentario, un non-genere, il fuoricampo del cinema, che finalmente e giustamente approda a Udine con alcuni lavori targati Corea del Sud, Hong Kong, Cina e Filippine.

Il festival si è aperto ieri con una prima internazionale, Aberdeen di Pang Ho-cheung, un dramma targato Hong Kong che molti per il tocco e le ambientazioni hanno paragonato ad America Oggi di Altman. Ma il continente Asiatico nelle sue propaggini estremo orientali è anche diventato in questi ultimi tempi sempre più caldo e centrale dal punto di vista geopolitico, luogo di cambiamenti importanti, slittamenti di potere e mappa per capire quali saranno gli sviluppi futuri nel quadro mondiale. Questi cambiamenti ebbero una sorta di simbolico preludio nel 1997 quando Hong Kong ritornò a far parte della Cina, uno degli ospiti più attesi a Udine sarà Fruit Chan, cineasta indipendente che nei suoi lavori più importanti come Made In Hong Kong o Durian Durian ha saputo proprio raccontare e mettere in pellicola le preoccupazioni e le difficoltà della post-riunificazione. Sarà presentata in presenza dell’autore la sua ultima fatica, The Midnight After, già a Berlino quest’anno ma che qui sarà proiettato nella sua versione definitiva, con Marco Müller che ne discuterà in una tavola rotonda speciale domani, domenica 27, a mezzogiorno. Si tratta di una black comedy tratta da una web-novel di successo che in modi molto trasversali, comici e con salti temporali ritorna sul rapporto tra Hong Kong e il suo fuori, la tensione fra l’interno e l’esterno di una cultura, di una città e di ciò che le formano.

La grande metropoli asiatica sarà ancora protagonista con l’altro ospite d’eccezione del Far East di quest’anno, Dante Lam, al re dell’action movie sarà infatti dedicato un focus con le proiezioni di That Demon Within (2014) ed il precedente Unbeatable (2013). Spesso il cinema è specchio della società e del periodo in cui nasce, anche per contrasto e opposizione naturalmente, grande dibattito a questo proposito ha suscitato in patria il successo al botteghino di The Eternal Zero del giapponese Takashi Yamazaki, che fra dicembre dell’anno scorso e marzo di quest’anno ha incassato circa sessanta milioni di euro. La pellicola è un melodramma bellico ambientato durante e dopo il secondo conflitto mondiale, un film che descrive i sentimenti e lo stato d’animo dei kamikaze, i piloti che «decidevano» di morire per l’imperatore schiantandosi contro le navi americane. The Eternal Zero è tratto dall’omonimo bestseller di Naoki Hyakuta, scrittore ma anche membro del comitato dirigente dell’emitente nazionale Nhk, che è noto anche per le sue posizioni fortemente nazionalistiche e revisioniste, tanto che lo scorso febbraio è arrivato a dichiarare che il massacro di Nankino, avvenuto nella città cinese nel 1937, è stata una fabbricazione americana, cioè che i fatti perpetrati dall’esercito giapponese non sono mai avvenuti.

Ora il film di Yamazaki contiene alcune delle scene di combattimento aereo fra le più incredibili mai realizzate nel cinema asiatico e molto del successo avuto in patria è probabilmente dovuto a questa spettacolarità, alla storia d’amore ed alla popolarità degli interpreti più che alle riflessioni o all’estetica del patriottismo e del nazionalismo. Ma allo stesso tempo ed in modo più subdolamente sottile, il film e tutto ciò che lo circonda è un’ottima cartina tornasole su quel variegato sentimento di vittimismo, di chiusura e di supposta unicità del Giappone e dei suoi abitanti verso il resto del mondo, che trova molto riscontro nella società giapponese contemporanea con punte pericolosamente destrorse, anche in quella parte di popolazione che si dichiara, o crede di essere, più schiettamente impolitica. Per questo motivo è davvero importante che gli organizzatori del Far East abbiano deciso di includere il film nella selezione di quest’anno.

Fra le tendenze che animano il continente asiatico estremo orientale c’è naturalmente anche l’ormai avvenuta fusione fra la «realtà» ed il mondo dei social network, tre sono i lavori che a Udine in modi diversi affrontano questo nodo sempre più cruciale per la contemporaneità, il filippino Shift, May We Chat da Hong Kong ed il giapponese The Snow White Murder Case. Dall’arcipelago nipponico arriverà nel capoluogo friulano uno dei film più attesi, Fuku-chan of FukuFuku Flats, una commedia surreale diretta da Yosuke Fujita, che ricordiamo almeno per il follemente fresco Fine, Totally Fine del 2008. Fuku-chan of FukuFuku Flats è, ed è questo uno dei molti motivi che genera aspettative, un film giapponese ma vede coinvolta una cordata produttiva e distributiva internazionale, fra cui ci piace notare l’italiana Tucker Film. È la storia di Fuku-chan, un imbianchino che cerca sempre di aiutare gli altri e di mettere d’accordo tutti, un’anima nobile e gentile che però dentro di sé porta molta solitudine e timidezza, soprattutto verso le donne. Le ragioni di questo suo essere quasi spaurito dal gentil sesso sono rivelate quando incontrerà per caso Chiho, una fotografa ed ex compagna di classe, che durante il periodo della scuola è stata la causa scatenante di questo suo atteggiamento timido verso le donne. Il tutto naturalmente è narrato e costruito con quel senso dell’assurdo e quella comicità lunare che caratterizza i lavori di Fujita e si regge insieme grazie alla performance di Oshima Miyuki, che è una popolare comica donna, nel ruolo maschile del protagonista.

Il cinema sud coreano sarà anche quest’anno molto presente, The Attorney di Woo-seok Yang e Broken di Jung-ho Lee sono forse le due pellicole più interessanti presenti al Far East di quest’anno, mentre sul versante giapponese consigliamo l’ottimo Hello Junichi, una storia per bambini di ottima fattura diretta dal telentuoso Katsuhito Ishii ed interpretata da Hikari Mitsushima (Love Exposure) e Tamako in Moratorium di Nobuhiro Yamashita. Come poi non nominare il peplum fantastico Thermae Romae II, il secondo capitolo delle vicende tratte dal popolare manga di Mari Yamazaki, nei teatri giapponesi proprio da oggi, il film chiuderà la sedicesima edizione del festival il 3 maggio.

Per gli amanti del cinema d’altri tempi, quello da riscoprire o da rivedere, da non perdere la sezione dei film classici restaurati in 2K, con il sud coreano Flame in the Valley del 1967, il filippino Manila in the Claws of Light del 1975 e imperdibile per gli appassionati di Yasujiro Ozu, Good Morning del 1959. Storia leggera ed apparentemente banale, come sempre in Ozu, la pellicola narra le vicende di due fratelli che invece di recarsi ad un corso di inglese decidono di vedere la televisione dai vicini e quando chiedono al padre di comprare loro un apparecchio televisivo, alla sua risposta negativa rispondono con uno sciopero della parola ed un voto di mutismo. Visto il trailer il restauro sembra davvero aver portato a nuova vita la pellicola, la tavolozza di colori usata da Ozu è davvero impressionante, consigliato.