La procura antiterrorismo di Cagliari indaga sull’acquisto di petrolio dell’Isis da parte delle raffinerie della Saras di Sarroch, in Sardegna. Dodici di milioni di dollari di greggio, la cui produzione e commercializzazione si sospetta siano state controllate dai terroristi islamici, potrebbero essere stati acquistati dalla società sarda, di proprietà per il 40 per cento della famiglia Moratti.

Secondo quanto rivelato ieri da Repubblica, risultano indagati sia il chief financial officier Franco Balsamo sia il capo dell’ufficio commerciale Marco Schiavetti. Le ipotesi di reato sono riciclaggio, falso e reati tributari. La Saras respinge le accuse: «Ipotesi – dice una nota dell’azienda – prive di fondamento». Secondo i magistrati, tra il 2015 e il 2016 venticinque navi sono approdate in Sardegna trasportando greggio di origine irachena.

«La provenienza del prodotto – scrivono i magistrati Guido Pani e Danilo Tronci nel decreto di sequestro dei documenti Saras che ha dato il via all’inchiesta – risulta attestata tramite dichiarazioni non idonee né ufficiali». Stando alla ricostruzione dei diversi passaggi che hanno portato il greggio sino alla Saras fatta dalla procura antiterrorismo un’azienda turca avrebbe acquistato il petrolio in Iraq e poi lo avrebbe venduto a una società con sede legale nelle Isole Vergini, la Edwaters. Quest’ultima, a sua volta, avrebbe venduto il carico alla Petraco Oil Company, che è la ditta di commercializzazione le cui navi avrebbero trasportato il greggio sino ai pontili della Saras in Sardegna.

Il punto critico di tutta la vicenda è l’acquisto in Iraq del greggio. L’inchiesta tende a stabilire da chi la Edgwater Falls abbia effettivamente comperato il petrolio. Secondo i magistrati, che hanno affidato le indagini alla Guardia di finanza, la Edgwaters Falls è una società off shore della Petraco. A termini di diritto internazionale l’ente di stato petrolifero iracheno è l’unico autorizzato alla vendita del petrolio di Baghdad. Ma dalle indagini della Guardia di finanza non risulta nessun via libera ufficiale da parte dell’Iraq alla vendita delle partite di greggio cedute dalla Petraco alla Saras. L’ente petrolifero di stato iracheno sarebbe stato bypassato. A promuovere il traffico sarebbero stati prima i curdi e poi l’Isis: «Approfittando – scrivono i magistrati – del conflitto scatenato da Daesh in Siria e in Iraq, il Kurdistan ha dato corso alla commercializzazione del greggio estratto dai propri giacimenti in assenza di autorizzazione da parte del governo di Baghdad».

Nei registri della Saras la Guardia di finanza avrebbe rilevato pagamenti da parte dell’azienda di Sarroch verso la Petraco per dodici milioni di dollari. Da questo riscontro gli inquirenti sono partiti per ricostruire il percorso del denaro e hanno scoperto che i dollari sborsati dalla Saras hanno preso diversi canali. Uno arriva alla Edgewaters e quindi alla Petraco, ma 217 milioni di dollari sono finiti nelle casse della Powertrans, «una società turca, una cartiera – scrivono i magistrati – utilizzata per fornire la documentazione commerciale necessaria a occultare il rapporto diretto con il venditore curdo». Ai curdi, esattamente al ministero dell’economia del Kurdistan, sarebbero finiti ben quattro dei quattordici milioni di dollari pagati dalla Saras alla Petraco.

Poi la storia evolve e il quadro cambia. «I curdi perdono i pozzi – scrivono i pm – che finiscono sotto il controllo dell’Isis. Dalla documentazione acquisita presso la filiale tedesca di Unicredit è emersa un’operazione di storno di sessanta milioni di dollari effettuata dalla Edgewaters verso il governo curdo. Si può ragionevolmente ipotizzare che la restituzione del denaro sia dipesa dal fatto che la proprietà del greggio, al momento del trasferimento di denaro, non era più curda ma dell’Isis». E ci sono altri aspetti inquietanti: «Sono stati accertati – scrivono i magistrati – bonifici per 3,6 miliardi di dollari partiti dalla Edgewaters senza indicazione del reale beneficiario, verosimilmente perché questo era inconfessabile».

La Saras dice di essere totalmente estranea sia alle accuse specifiche dirette ai suoi manager (riciclaggio, falso e reati tributari) sia al traffico illegale di petrolio dall’Iraq e di aver collaborato senza alcun problema con la magistratura.