Arriva alla vigilia delle festività natalizie è stato siglato l’accordo tra Ministero del Lavoro, Inps, Inail e Istat per la realizzazione di un sistema informativo statistico integrato sul mercato del lavoro e sulla protezione sociale.

Due sono i punti chiave dell’accordo: il primo riguarda la messa a punto di un sistema automatizzato che consenta il collegamento tra le diverse banche dati, di fonte amministrativa (Inps, Inail, Ministero del lavoro) e statistica (Istat); il secondo riguarda la futura disponibilità di dati dettagliati per la ricerca. Al fine dell’implementazione pratica, sono istituiti «un Comitato di indirizzo inter-istituzionale, che definirà gli obiettivi, le modalità e i tempi di realizzazione delle diverse attività, ed un Gruppo di lavoro tecnico, coordinato dall’Istat, che avrà il compito di progettare il sistema informativo e le comunicazioni di analisi integrata del mercato del lavoro». Tuttavia, il comunicato che ufficializza il sodalizio non definisce una data certa a partire dalla quale i quattro istituti pubblicheranno congiuntamente e in modo armonizzato i dati.

Sembrerebbe un passo avanti nella gestione dell’informazione statistico amministrativa, nonostante sia lecito assumere un atteggiamento scettico di fronte al potenziale buon esito. Molto dipende dalle pressioni politiche che saranno esercitate e dalla resistenza degli anticorpi istituzionali mostrati fin qui dall’Istat.

E’ stato proprio l’Istat che dopo il clamoroso errore da parte del Ministero del Lavoro, segnalato il 25 agosto dalle pagine de Il Manifesto, aveva annunciato al decisione di coordinare le attività di elaborazione e pubblicazione dei dati statistici e amministrativi. Un tentativo di salvare la credibilità istituzionale stessa in un anno affatto edificante. L’anno che volge al termine, infatti, è stato caratterizzato non soltanto da errori istituzionali, come quello del Ministero del Lavoro, ma soprattutto da un vortice mediatico che in troppe occasioni ha avallato la narrazione del governo, deciso non soltanto a rivendicare la bontà dei risultati della propria azione ma anche a screditare qualsiasi voce, istituzionale o politica, che ne segnalasse l’infondatezza. Più volte infatti, abbiamo assistito nei mesi scorsi agli attacchi più o meno celati nei confronti dell’Istituto Nazionale di Statistica, considerato alla stregua di un centro di sondaggi senza alcuna rilevanza scientifica. Per giungere da ultimo all’attacco diretto dalla Leopolda al giornalismo non ancora subalterno al fascino indiscreto del renzismo.

La gravità delle esternazioni del premier, a cui non vorremmo abituarci, genera da sé la necessità di continuare a indagare e analizzare la realtà con occhio critico ma pur sempre rigoroso. Per questo sarebbe utile che gli istituti firmatari dell’accordo mettessero ciascuno a disposizione tutti i dati rilevanti degli ultimi due anni. Il rischio è infatti quello di un’informazione che ,seppur completa e dettagliata nel futuro, risulti parziale dal punto di vista temporale, rendendo l’analisi delle politiche in atto difficilmente realizzabile. Ad esempio, l’arresto delle pubblicazioni da parte del Ministero del Lavoro, ha impedito negli ultimi mesi la valutazione della durata dei contratti, utile per capire l’instabilità lavorativa. Lo stesso vale per i dati Inps che cambiano nel tempo impedendo una ricostruzione storica dell’insieme dei fenomeni rilevanti ai fini dell’analisi come ad esempio la fruizione dell’esonero contributivo o il dettaglio completo sui contratti per i primi due mesi dell’anno.