Tra gennaio e maggio 1895, il racconto di Herbert George Wells The Time Machine: An Invention viene pubblicato in cinque puntate mensili nelle pagine della New Rewiew. Grazie a una Macchina del Tempo che si è costruito da solo, il protagonista viaggia nel tempo dal laboratorio della sua casa a Richmond, nel Surrey, fino all’anno 802.701, dove scopre che l’evoluzione sociale e biologica ha portato la razza umana a dividersi in due specie diverse, gli Eloi e i Morlocks.

Inoltrandosi ancora nel tempo, fino a una trentina di milioni di anni dal momento in cui comincia la storia, si ritrova nel paesaggio desolato di una Terra in agonia: il pianeta sta gradualmente smettendo di ruotare, sotto un rosso sole intiepidito e morente, mentre gli ultimi resti della razza umana si sono da tempo estinti. Impostando la sua macchina in senso inverso, il Viaggiatore del Tempo sfreccia all’indietro attraverso secoli e millenni, fino a ritornare al tempo iniziale, dove si ritrova nel suo laboratorio, appena tre ore dopo l’inizio del primo viaggio.

La sera del 28 dicembre 1895, nel Salon Indien del Grand Café al n. 14 del Boulevard des Capucines a Parigi, i fratelli Louis e Auguste Lumière presentano per la prima volta in pubblico una serie di dieci «vedute» realizzate con il loro Cinématographe, ognuna delle quali della durata di circa un minuto. Il programma include Le Débarquement du congrès de photographie à Lyon, Baignade en mer, Forgerons, Pêche aux poissons rouges, Repas de bébé, Sortie d’usine, Arroseur et arrosé, Place des Cordeliers, Saut à la couverte, Voltige. Nei mesi successivi, i programmi del Cinématographe dei Lumière, in Francia e altrove, cominciano a includere la proiezione a ritroso di vedute come Démolition d’un mur e Bains de Diane. In esse, il pubblico assiste per la prima volta allo spettacolo stupefacente di una vie à l’envers, una «vita a ritroso»: dopo la demolizione di un muro, le macerie si rialzano e si ricompongono fino a riformare il muro verticale, mentre dei tuffatori riemergono dall’acqua, sfidando la gravità, e atterrano di nuovo sul trampolino dal quale si erano tuffati.

Come interpretare, retrospettivamente, l’apparire simultaneo, nel 1895, del primo testo letterario in cui la possibilità di viaggiare nel tempo viene attribuita a un mezzo tecnico – piuttosto che a un atto mentale, o a una qualche forma di magia – e di un medium ottico, il Cinématographe dei Fratelli Lumière, che consente per la prima volta non solo di registrare, conservare e ripresentare le manifestazioni visive dello scorrere del tempo, ma anche di alterarne e di invertirne il decorso? E come spiegare, oggi – dal punto di vista di un presente in cui l’emergenza climatica ci spinge a pensare al futuro in un modo diverso, mentre l’intelligenza artificiale introduce nuovi modi di vedere e di sentire – la congiunzione tra la nuova plasticità del tempo rivelata dal Cinématographe Lumière, e la profondità temporale dello scenario apocalittico, post-estinzione umana, che ci viene svelato da Wells in The Time Machine?

Sono queste le domande a cui cerca di rispondere la mostra Time Machine. Vedere e sperimentare il tempo. La mostra esplora il modo in cui il cinema e altri media fondati sulle immagini in movimento, come video e videoinstallazioni, hanno trasformato, nel corso della loro storia, la nostra percezione del tempo. Viene proposto una sorta di «viaggio nel tempo» reso possibile da tecniche cinematografiche di manipolazione temporale come il ralenti e l’accelerazione, il loop e l’inversione, il time-lapse e il fermo immagine, le sovrimpressioni, il passo uno e le infinite variazioni dell’operazione del montaggio.

Organizzata in quattro sezioni che riuniscono immagini provenienti dai diversi campi del cinema delle origini, del cinema classico e del cinema contemporaneo, del cinema scientifico e del cinema sperimentale, della videoarte e delle videoinstallazioni – con alcune incursioni nella storia della fotografia – la mostra copre un arco temporale che va dal 1895 ai giorni nostri: dall’immaginario della Time Machine di Wells e dalle prime manipolazioni temporali realizzate realizzate dai pionieri del cinema, alle machine visions non-umane prodotte dall’intelligenza artificiale, dal machine learning e dalle reti neurali.

Time Machine. Vedere e sperimentare il tempo è la mostra curata da Antonio Somaini, professore di teoria del cinema, dei media e della cultura visuale alla Sorbona, con le esperte di cinematografia Eline Grignard e Marie Rebecchi, concepita specificamente come parte del programma di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020 – La cultura batte il tempo.

Nata da un’idea di Michele Guerra, assessore alla cultura di Parma, la mostra inaugura domenica 12 gennaio in occasione della tre giorni di inaugurazione dell’anno di Parma2020 e sarà poi aperta al pubblico dal 13 gennaio al 3 maggio 2020 a Palazzo del Governatore.

In mostra, lungo 25 stanze, opere di artisti e fotografi come Douglas Gordon, Rosa Barba, Tacita Dean, Jeffrey Blondes, Grégory Chatonsky, Ange Leccia, Jacques Perconte, Robert Smithson, Alain Fleischer e filmmakers come Martin Arnold, Harun Farocki, Jean-Luc Godard, Bill Morrison, Gustav Deutsch, Ken Jacobs, Malena Szlam.

Accompagna la mostra il catalogo edito da Skira con 11 sezioni iconografiche e 11 testi scritti da figure di primo piano, a livello internazionale, della teoria dell’arte, del cinema e dei media: Emmanuel Alloa, Jacques Aumont, Raymond Bellour, Christa Blümlinger, Grégory Chatonsky, Georges Didi-Huberman, Philippe Dubois, Noam Elcott, più i tre curatori (Orari: martedì e mercoledì 15-19; giovedì-domenica e festivi 10-19; chiusa il lunedì. Apertura straordinaria e gratuita lunedì 13 gennaio. Biglietti: intero 8 €; ridotto 5 € e 4€; informazioni: www.parma2020.it)

 

* Antonio Somaini, professore di teoria del cinema, dei media e della cultura visuale alla Sorbona