«In Argentina abbiamo trasformato gli spazi dell’orrore in spazi di vita e di memoria», dice al manifesto Estela Carlotto, presidente dell’associazione Abuelas de Plaza de Mayo. Carlotto è venuta in Italia da papa Francesco, insieme al nipote Guido Ignacio Montoya, ritrovato dopo 36 anni. Poi, ha incontrato i giornalisti nell’ambasciata argentina a Roma. Si calcola siano stati almeno 500 i bambini sottratti agli oppositori dal regime militare che, dal 1976 all’83 ha eliminato e fatto scomparire circa 30.000 persone. Guido Ignacio, figlio di Laura Carlotto, è il 115mo nipote ritrovato dalle Abuelas.

E si cerca anche in Italia: «Perché – spiega il ministro Carlos Cherniak – l’Argentina è un paese di migranti italiani, durante la dittatura ve ne sono stati molti sia tra i carnefici che tra le vittime. In questa ambasciata ha lavorato anche Licio Gelli con passaporto diplomatico. Alcuni bambini rubati potrebbero trovarsi in Italia. Abbiamo ricevuto molte chiamate che stiamo verificando, anche con la collaborazione dell’associazione 24 marzo onlus che oggi ha l’appoggio dello Stato. Cerchiamo persone fra i 30 e i 38 anni, e per questo facciamo appello alla stampa».

L’incontro tra Estela e il nipote ha provocato grande commozione a livello internazionale, ha fatto emergere il nuovo volto dell’Argentina e il cammino percorso sul piano dei diritti umani. «Oggi – dice ancora Estela – stiamo voltando una pagina della nostra storia, quella della dittatura civico-militare. Il calcio d’inizio lo ha dato Nestor Kirchner. Durante la sua presidenza è stata dichiarata incostituzionale la legge di Obbedienza dovuta che impediva di giudicare i responsabili della dittatura. Da allora, molti militari sono sotto processo. Ora i tribunali stanno giudicando anche le responsabilità dei civili, soprattutto nella provincia di Buenos Aires, una delle più colpite. Molti centri di tortura clandestini sono ora musei, spazi di memoria e di vita, animati soprattutto da giovani. Il più emblematico è l’Esma, la Scuola della Marina militare, ma è stata recuperata anche la Cancha, dove mia figlia Laura ha dato alla luce Guido prima di essere uccisa e fatta scomparire».

Diritti umani, sì, ma «non solo come recupero e riparazione di quel periodo storico di violenza,anche in senso più ampio: come lotta ad ampio spettro per tutti i diritti, a partire da quelli economici: cibo, casa, lavoro». Obiettivi realizzati dai paesi socialisti latinoamericani e fortemente richiamati anche da papa Francesco, verso il quale le Abuelas hanno dismesso la diffidenza espressa subito dopo la sua nomina: non è vero che Bergoglio in Argentina ha mandato a morire due gesuiti durante la dittatura, le testimonianze dicono che si è anzi adoperato per salvarli. E perciò le Abuelas hanno rettificato: «Stiamo ricostruendo la storia, non siamo depositarie della verità», dice Carlotto alla sala.

Ma a quando l’apertura degli archivi del Vaticano? Sia Carlotto che l’ambasciatore argentino presso la Santa sede, Juan Paolo Cafiero, spiegano che, a seguito di una modifica del codice penale di diritto canonico, voluta da Bergoglio, ora è possibile consultare gli archivi quando c’è una causa penale aperta: un percorso già consolidato in Argentina.

La nostra conversazione continua poi con il ministro Cherniak, responsabile politico in Italia per i diritti umani. «Parliamo di dittatura civico-militare perché dietro quinte di chi torturava e faceva il lavoro sporco – precisa – c’era il potere economico-finanziario internazionale che, a livello globale, cercava paesi per sperimentare progetti di economia neoliberista. E per questo in Argentina hanno dovuto massacrare una generazione. Quando si parla di diritti umani in relazione al terrorismo di Stato occorre comprendere chi ha retto le fila del potere reale, quale progetto si stagli dietro le immagini di morte e torture».

E questo vale anche oggi «per cogliere la logica che guida il sistema finanziario globale, intenzionato a condizionare le democrazie per obbligarle a seguire un solo tipo di politica economica». Il riferimento è alle manovre speculative dei “fondi avvoltoio” che vogliono nuovamente gettare sul lastrico il paese. «Dopo il default del 2001 – dice ancora Cherniak – la scelta era quella di continuare a pagare un debito impossibile da onorare e distruggere la democrazia, o dare priorità al contratto sociale come abbiamo fatto. L’Argentina è riuscita a rinegoziare il debito con il 94% dei creditori, ma purtroppo c’è una piccola parte che non ha accettato e che ha amicizie nei settori giudiziari di New York, nel governo Usa o nell’Fmi: sufficiente potere per condizionare la strategia economica verso l’Argentina. La lotta che stiamo facendo è quella per imporre delle regole alla speculazione internazionale, per convincere tutti i paesi a guardare chi c’è dietro le quinte della realtà globale. Non vogliamo essere un modello, ma mettiamo a disposizione la nostra esperienza, che può servire a tutti».

Molti paesi progressisti, che sono stati colpiti dalla rete criminale del Piano Condor, ideata dalla Cia, oggi cercano di fare i conti con la storia degli anni ’70. Esiste una strategia comune? «Il Piano Condor – risponde il ministro – è stato il Mercosur del terrore. Ha consentito alle diverse dittature della regione di coordinarsi, creando una sorta di area libera per il terrorismo di Stato: dal Cile al Brasile, dall’Uruguay alla Bolivia, all’Argentina. Oggi ogni paese sta mettendo mano alla sua maniera a quella tragedia e lo rispettiamo. Noi siamo un laboratorio visibile che mostra risultati invidiabili sul piano dei diritti umani. Abbiamo alzato la triplice bandiera di verità giustizia e memoria per costruire un’area comune più sicura, per creare anticorpi contro il ripetersi della storia».

E il ruolo degli Usa ora che i repubblicani hanno più potere? Risponde Cherniak: «Gli Stati uniti sono una struttura complessa guidata da particolari interessi burocratici e corporativi che difficilmente cambiano quando cambia un presidente o si modificano le maggioranze elettorali. A livello internazionale, noi dobbiamo aumentare la consapevolezza che occorre mettere freni e regole alla speculazione finanziaria, perché gli Usa non possono più imporre qualsiasi cosa. I problemi che stiamo soffrendo noi, riguardano tutti».

Il dopo Kirchner? «L’Argentina oggi è un paese che ha superato la peggior crisi della sua storia e che non vuole più tornare indietro. Anche chi rivolge critiche al governo non intende tornare a prima del 2003 e perdere quello che ha ottenuto».