Ancora nella corrispondenza di Mozart, le lettere agli editori sono, in sostanza, assenti. Nel giro di pochi anni, i rapporti tra autori e editori musicali si moltiplicano con grande rapidità: la corrispondenza di Beethoven, per esempio, è piena di lettere commerciali scambiate con i principali editori tedeschi e austriaci – Artaria, Diabelli e Haslinger di Vienna, Breitkopf & Härtel e Peters di Lipsia, Schlesinger di Berlino e Simrock di Bonn – spesso, personalmente o tramite loro rappresentanti a Vienna, in rapporti diretti con il musicista, che a volte si divertiva a metterli in concorrenza tra loro per spuntare condizioni migliori.

L’incremento di questi rapporti riflette la grande rivoluzione industriale avvenuta nell’editoria musicale tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, prima in Germania, poi nei principali paesi europei. In Italia, culla della stampa musicale nel Cinquecento, la figura dell’editore musicale moderno nasce a Milano nei primi anni dell’Ottocento, grazie a un intraprendente musicista e copista (due mestieri che spesso convivevano) di nome Giovanni Ricordi, che fonda un’azienda destinata a una grande parabola artistica e commerciale.
La prima musica stampata da Ricordi, nel 1808, è un pezzo per chitarra di Antonio Nava, dedicato al cavalier Sartirana di Breme, ciambellano di Sua Maestà Napoleone il Grande. La fortuna di Ricordi, tuttavia, è legata al teatro, com’era inevitabile nella città di Milano, dove le prospere condizioni economiche si riflettevano in un’intensa attività operistica rivolta a tutte le classi sociali e distribuita attraverso una rete teatrale al cui centro stava la grande sala di Piermarini.

Il salto imprenditoriale avviene nel 1825, quando il Teatro alla Scala cede a Ricordi il suo intero fondo musicale in cambio di quattro soldi, trecento lire austriache, e di uno sconto sul noleggio del materiale, prefigurando un modello di privatizzazione destinato a una lunga storia. Ricordi entra così in possesso di un materiale preziosissimo: partiture autografe di grandi compositori tra i quali Rossini, Jommelli, Scarlatti, bozzetti, lettere, documenti, in altre parole il nucleo originario dell’odierno Archivio Storico Ricordi, il fondo privato musicale senza dubbio più rilevante al mondo.

Da lì in poi le vicende della casa editrice acquistano un rilievo internazionale grazie a due autori di fama universale, Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini, autori con i quali non era semplice trattare: il profilo dei diversi Ricordi che si alternarono al timone dell’azienda, Tito I, il figlio Giulio e infine il nipote Tito, è segnato dal carattere dei rapporti stabiliti di volta in volta con i due maestri.
La parabola industriale di Casa Ricordi culmina attorno alle Prima Guerra mondiale e declina lentamente nel corso del secolo, malgrado i numerosi tentativi di rinverdire la produzione operistica, per terminare nel 1994 con la cessione dell’azienda alla multinazionale tedesca Bertelsmann, che avrebbe poi smembrato il gruppo, rivendendo i settori produttivi ma tenendo per sé il boccone più prelibato, l’Archivio Storico, per nostra fortuna vincolato dal Ministero dei Beni Culturali e sotto la tutela della Biblioteca Nazionale Braidense.

Luciano Berio, anch’egli per un certo periodo autore di Casa Ricordi, ha definito l’Archivio «una cattedrale della musica», non solo per l’imponente mole di documenti conservati, ma anche per la varietà delle fonti, che permettono di ricostruire l’intero processo musicale, dal progetto alla sua realizzazione concreta, all’interno di una catena di rapporti sociali unica tra tutte le arti.

L’Archivio Ricordi, infatti, comprende anche i libretti, i bozzetti per scenografie e costumi, la corrispondenza con musicisti, impresari, collaboratori, i manifesti e il materiale pubblicitario, un settore di particolare rilievo perché legato alla storia delle Officine Grafiche e alla nascita del design, oltre naturalmente ai manoscritti musicali, che rappresentano il sancta sanctorum per tutti gli studiosi del melodramma italiano. Ora, un libro, intitolato alla calzante immagine di Berio – Una cattedrale della musica (Corraini, pp. 224, euro  35,00) cerca di restituire la ricchezza e la complessità dell’Archivio Storico Ricordi, che abbraccia fenomeni disparati come la grande tradizione del melodramma italiano, i maestri dell’avanguardia, da Luigi Nono a Sylvano Bussotti, Franco Donatoni, Bruno Maderna, l’ondata degli chansonnier di casa nostra.
Più che da leggere, è un libro da sfogliare, perché i testi, nemmeno firmati, riassumono in maniera didascalica e piuttosto arruffata una storia di oltre due secoli, che avrebbe meritato un racconto più avvincente e di tono meno aziendalistico.

Del resto, Corraini è un editore famoso per i libri illustrati e inventivi di Bruno Munari, e la preziosa veste editoriale segue la tradizione, tirando fuori dal cilindro una sovracopertina che si trasforma in stupenda partitura grafica, a firma di Bussotti. Il materiale messo a disposizione dall’Archivio, grazie all’illuminata competenza della sua conservatrice, Maria Pia Ferraris, fornisce al lettore spettacoli fantasiosi di artisti come Umberto Brunelleschi e Giuseppe Palanti, le fotografie commoventi di Maria Callas che registra il primo disco di Casa Ricordi e di Puccini in bombetta sul Ponte di Brooklyn, le lettere autografe di artisti come Liszt, Arrigo Boito, D’Annunzio, Puccini.