Alla politica dei due pesi e due misure dell’Europa il mondo ci ha fatto l’abitudine.

Tuttavia, nel momento in cui l’Ue continua a sostenere la dittatura di Jovenel Moïse ad Haiti – applaudendo alla convocazione di pseudo-elezioni avversate da tutte le forze politiche e sociali del paese -, non può non destare sconcerto la sua decisione di imporre sanzioni ad altri 19 funzionari venezuelani, tra deputati, governatori, militari e ministri, accusati di aver leso i diritti elettorali dell’opposizione e compromesso il funzionamento democratico dell’Assemblea nazionale.
Ma se, parafrasando la frase sul dittatore Anastasio Somoza attribuita a Franklin D. Roosevelt, Moïse «sarà anche un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana», lo stesso non si può dire di Maduro. E allora poco importa che la nuova misura della Ue giunga in un momento in cui, all’interno del parlamento nato dalle elezioni del 6 dicembre (la cui legittimità la Ue non ha riconosciuto), la maggioranza chavista conviva con l’opposizione moderata.

E che tale misura rappresenti, come ha denunciato il ministro degli Esteri Jorge Arreaza, «un arrogante affronto alle Nazioni unite», che, attraverso la relatrice speciale sulle misure coercitive unilaterali e sui diritti umani Alena Douhan, hanno constatato «i devastanti ed evidenti effetti» delle sanzioni unilaterali imposte al paese.

Puntuale è scattata allora la ritorsione del governo bolivariano, che, mercoledì, su richiesta unanime dell’Assemblea nazionale, ha dichiarato persona non grata l’ambasciatrice dell’Ue Isabel Brilhante Pedrosa, dandole 72 ore di tempo per lasciare il paese. «Hanno aggredito le forze armate, hanno attaccato il potere elettorale, giudiziario e legislativo, hanno colpito un paese intero e si aspettano un ringraziamento?», ha dichiarato Maduro in risposta alla richiesta europea di revocare l’espulsione, aggiungendo che, in caso di mancata rettifica da parte della Ue, non ci sarà più «alcun tipo di dialogo». «Non avremmo voluto arrivare a tanto – ha proseguito -, ma non possiamo accettare offese da nessuno».

Di certo le nuove sanzioni devono aver preso abbastanza alla sprovvista il governo venezuelano, il quale è probabile che si aspettasse, al contrario, un allentamento dell’ostilità nei suoi confronti, tanto più alla luce della decisione della Ue di negare la continuità della presunta presidenza ad interim di Guaidó, definendolo di fatto come rappresentante «dell’Assemblea nazionale uscente», pur ribadendo la condanna del governo Maduro.

E tanto più di fronte a un primo segnale di un possibile ammorbidimento delle sanzioni da parte dell’amministrazione Biden, che, il 2 febbraio, ha autorizzato le operazioni ordinarie nei porti e negli aeroporti venezuelani, vietate da un ordine esecutivo emesso nel 2019 da Trump, pur mantenendo il divieto di transazioni o attività relative all’esportazione di diluenti «per produrre benzina direttamente o indirettamente».