Non solo i propri testi, ma anche quelli prediletti dei libri altrui andranno a formare – sostiene Andrea Tarabbia – un capitolo dell’enorme volume che ogni scrittore avrà composto alla fine della vita. La sua crestomazia di Racconti di demoni russi (Il Saggiatore, pp. 480, € 19,00), per la quale Tarabbia traduce una lirica di Puskin e il brano messo in finale dal francese include anche alcune liriche, genere su cui si concentra soprattutto nella introduzione.

Basata su criteri tematici e su «capricci», la sua selezione rende conto dell’evoluzione e della trasformazione della figura del demone nella letteratura russa dal XIX al XX secolo. L’assenza dell’immagine del purgatorio nella religione ortodossa fa del demone, spiega Tarabbia nell’introduzione, un personaggio capace di dare rappresentazione a quello stadio intermedio che è situato tra paradiso e inferno. Ma i demoni non sono protagonisti assoluti: con essi convive una schiera di spiriti e di forze impure della mitologia slava.
La letteratura russa ha, in realtà, bisogno di ricorrere alla tradizione occidentale di Dante, Milton e Goethe per rappresentare il diavolo.

Contenuta in una struttura a cornice, la raccolta di Tarabbia si apre con la scena della seduzione della bella e gioiosa Tamara da parte del demone, dall’omonimo poema di Lermontov del 1841, una scena che codifica definitivamente il tema demoniaco nella letteratura russa. E si chiude con un brano musicale, L’histoire du soldat composto da Stravinskij sul libretto francese di Charles-Ferdinand Ramuz, nel 1918.

Da una parte i demoni immaginari, le forze impure della cultura popolare, magica e folclorica, dall’altra i demoni psichici, quelli delle ossessioni, dei deliri, delle follie. Alla prima schiera appartengono le figure sotto il segno dello spleen romantico: il diavolo nei versi della Scena del Faust di Puskin, il cupo folclore ucraino del Vij di Gogol’, il soprannaturale dell’autore di romanzi storici Zagoskin, il desiderio sessuale nel racconto per adulti di Sologub, un racconto gotico di Remizov, una parabola apocrifa di Saltykov-Scedrin e infine il sabba dall’Angelo di fuoco del simbolista Brjusov e il ballo di Satana dal Maestro e Margherita di Bulgakov. Alla multiforme realtà demoniaca della follia appartiene invece l’incubo di Ivan Fedorovic Karamazov, e questa schiera accoglie le storture dell’animo del Fiore rosso di Garsin, che incarna tutto il male del mondo, del Monaco nero di Cechov, della Lady Macbeth di Leskov, la violenza dell’Abisso di Leonid Andreev. Fra i meno noti, il racconto di Andrej Platonov Un satana del pensiero, pubblicato in Russia nel 1922. Nell’epoca della trasformazione del globo terrestre, l’ingegnere Vagulov, figlio della esordiente cultura rivoluzionaria, organizza l’eroico lavoro delle masse per estrarre dal pianeta la massima energia. Una diabolica ossessione al servizio dell’affrancamento degli uomini dai sentimenti, perché si e rendano, finalmente, nient’altro che macchine.