Le trame e gli intrecci del pallone continuano a incastrarsi in una tela di ragno friabile quanto compatta. A livello politico è stata suggellata l’intesa in Lega di Serie A tra i “riformisti” di Cairo e i “conservatori” di Lotito, sul campo si affrontano stasera nell’anticipo Juventus e Fiorentina, due società che, pur volendosi raccontare come antitetiche, sono anche loro legate da indissolubili rapporti.

Dopo la vittoria su tutta la linea dei riformisti – la poltrona di commissario a Malagò e i diritti tv a Mediapro – la Große Koalition calcistica si struttura sulle nomine, a partire dal prossimo amministratore delegato Tebas: fortemente voluto dal presidente del Toro, è diventato soluzione condivisa per aprire canali preferenziali tra una Serie A in mano a Cairo e una politica i cui interlocutori saranno proprio i futuri senatori – e forse qualcosa di più – Lotito e Galliani. In campo le cose non vanno però altrettanto bene per i due presidenti.

Il Toro domenica ospita l’Udinese e, nonostante la cura Mazzarri, ha già salutato da tempo ogni speranza di approdo europeo. La Lazio, reduce da due sconfitte consecutive e dalla grana dell’ammutinato Felipe Anderson, fa visita domani sera al Napoli. La partita non sarà necessariamente spettacolare, ma di sicuro intrigante dal punto di vista tattico. Da una parte l’attesa del pallone e la veloce ripartenza nel più classico dei contropiedi, cercando la superiorità numerica con i due trequartisti (liberi da compiti difensivi) o attraverso la cosiddetta seconda palla. Dall’altra il pressing alto e collettivo, la transizione lungo i triangoli delle oramai celebri catene laterali degli amminoacidi sarriani. Se i biancocelesti sono ancora terzi è solo perché arrancano anche Inter (in caduta libera, non vince da oltre due mesi, ci prova in casa col Bologna) e Roma (dopo la vittoria a Verona alla disperata ricerca di ossigeno nel posticipo col Benevento).

E dietro Sampdoria, Atalanta e Milan non sembrano certo in grado di impensierire il terzetto. Mentre i partenopei continuano il loro eterno duello con la Juve in un campionato a parte, le cui proiezioni ci dicono sarebbero entrambe destinate a superare i cento punti. La Juve appunto, stasera a Firenze in una partita cui piace essere raccontata attraverso antiche rivalità, dallo scudetto contestato del 1982 alla sollevazione popolare per il “tradimento” di Baggio, che poi non tira il rigore. Ma che, a guardare bene, rivela la ragnatela di cui sopra.

Come non ricordare la finale di Coppa dei Campioni raggiunta (e poi persa) dalla Juve nel 1973, la scandalosa semifinale contro il Derby County di Brian Clough vinta grazie ai buoni uffici del vicepresidente Uefa Artemio Franchi, presidente viola cui oggi è dedicato lo stadio. O la partecipazione della cosiddetta opposizione calcistica dei Della Valle ai fasti di Calciopoli. Perché come disse l’attuale presidente della Liberia, l’ex calciatore e Pallone d’oro George Weah: “Il mio amico Baggio (non a caso, ndr.) mi ha spiegato che in Italia il calcio è tutto un magna, magna”.