Si è aggiudicato il Gelso d’Oro, Better Days, film di chiusura della 22esima edizione del Far East Film Festival che si è conclusa sabato 4 luglio dopo 9 giorni di immersione online nel meglio della produzione del cinema popolare asiatico. Una storia vera, da cui è stato tratto il romanzo In His Youth, In Her Beauty di Jiu Yue Xi, poi il lungometraggio che porta la firma del regista hongkonghese Derek Tsang (figlio del leggendario Eric Tsang).

YOUTH DRAMA che prende posizione sulla piaga del bullismo, Better Days non ha trovato la strada spianata prima del suo arrivo al Far East. Il film, infatti, è stato bloccato ben due volte dalla censura: alla Berlinale del 2019, ritirato all’improvviso dal concorso ufficiale senza troppe spiegazioni, nonché alla vigilia della distribuzione, prevista per il mese di giugno e poi saltata all’ultimo minuto. Anche in assenza di motivazioni ufficiali, non è difficile intuire che le autorità cinesi non devono aver gradito troppo la storia del film, che offre il fianco a possibili critiche sulle politiche giovanili messe in atto dal Governo. I protagonisti sono poco più che ragazzini: Chen Nian, liceale ambiziosa e riservata, e Liu Beishan ( il teen idol Jackson Yee), teppistello dal cuore tenero con un passato difficile alle spalle.

Lei ha da poco assistito al suicidio di una compagna presa di mira da un gruppo di studentesse ricche e viziate che ora trovano in Chen Nian la prossima vittima. Lui è un ragazzo di strada senza famiglia e ne porta ancora le cicatrici addosso. Li accomuna un senso di solitudine e rifiuto. L’indifferenza delle istituzioni, quando non è accanimento. In prossimità dei temutissimi «Gaokao», qualcosa di simile ai nostri esami di maturità e prerequisito essenziale per l’accesso a qualsiasi università cinese e quindi a uno status di vita accettabile, l’esistenza di Chen Nian diventa un incubo a occhi aperti (lo stato d’animo è efficacemente sottolineato dalla presenza di inaspettate note horror).

LA MADRE, in difficoltà a sbarcare il lunario, non è in grado di offrirle la protezione di cui ha bisogno e così anche la scuola e la polizia, incapaci di fronteggiare adeguatamente la situazione. Chen Nian arriva persino a temere per la sua incolumità fisica, sempre più spesso vittima di attacchi violenti dal terzetto di bulle nel percorso casa-scuola. Tutto cambia quando incontra Liu Beishan, bello e dannato, che non solo la ospita a casa sua, ma veglia su di lei anche in strada, come un angelo custode in abiti punk, attento a non dare troppo nell’occhio. L’amicizia tra i due via via si rafforza e sconfina nell’amore. Ma la realtà è dura e troppo spesso non fa sconti.

IL CLIMA che si respira nel film è sempre cupo e claustrofobico. La sfiducia è dilagante, la rassegnazione quasi una regola. Il fallimento non è ufficialmente contemplato, eppure non c’è quasi mai via di scampo per i marginali e i reietti, condannati, di fatto, dalla società. La pressione sociale spesso insostenibile. La presenza di alcuni cartelli nei titoli di coda, che rendono conto dell’impegno dell’attuale amministrazione nella lotta al bullismo, inseriti con il chiaro intento di aprire un varco che consentisse la circuitazione della pellicola, nulla tolgono alla forza di questo racconto a suo modo ferocemente politico.

Ci è voluto del fegato, da parte di Derek Tsang, per dipingere una realtà dai forti chiaroscuri senza indulgere nel sentimentalismo, lasciando intatta e anzi evidenziando la dimensione «problematica» che fa da coté a questa storia. Ma la scommessa è vinta. Perché quando il film è stato finalmente distribuito in Cina, lo scorso ottobre, è rimasto in testa ai box office per settimane, premiato anche agli Hong Kong Film Awards con 8 delle 12 statuette a cui era stato candidato, tra cui quella per il miglior film.