L’Institute of Race Relation di Londra è un osservatorio critico e militante sul razzismo in Europa. Ma al momento della sua fondazione, nel 1958, la situazione era differente. Nel pieno del processo di decolonizzazione e della guerra fredda, il tema dei rapporti razziali poneva il Regno Unito davanti al duplice obiettivo di stabilire la trama delle relazioni (economiche e geopolitiche) con le ex colonie – esortate a divenire «membri di una più grande famiglia in cui il colore non fa alcuna differenza» – e al contempo costruire un baluardo all’avanzata del comunismo: «la garanzia che il problema della razza non si saldasse con quello della classe». Queste almeno erano le intenzioni espresse nel documento di presentazione dell’Istituto: un’unità di ricerca indipendente ma interna al Royal Institute of International Affairs. Non a caso il suo primo direttore, Philip Mason, era stato membro dell’Indian Civil Service, l’apparato amministrativo dell’impero britannico in India, e il consiglio di amministrazione comprendeva anche imprenditori che avevano fatto affari con le colonie ed ex amministratori coloniali. L’impostazione dell’Istituto era in linea con il clima generale del tempo: reinterpretare il razzismo smantellando l’apparato ideologico-biologista che aveva legittimato l’infamia nazifascista e sostenuto la colonizzazione. I conflitti razziali venivano ricondotti a nozioni scientificamente false (l’esistenza delle razze), mentre il razzismo era un sistema di pensiero irrazionale che ostacolava la convivenza democratica. Ne veniva così negata la dimensione materiale, il suo essere dispositivo di subordinazione e sfruttamento intrinseco al progetto capitalista. Va colta in questa negazione la radice della profonda opposizione interna che all’inizio degli anni Settanta contrappose all’establishment dell’Istituto una nuova generazione di teorici militanti come Aravadum Sivandnam, che ne avrebbe da quel momento assunto la direzione. Viste dal di dentro, le lotte anticoloniali, la diaspora dalle ex colonie e le tensioni razziali nei quartieri neri di Londra o negli Stati Uniti, esprimevano il legame tra razza e classe. Legame che l’Istituto avrebbe da lì in avanti posto al centro della sua riflessione e del suo impegno militante antirazzista.