D’Alema boccia il governo e il «partito del premier»
Festa dell'unità L'ex leader: Pd non ha una segreteria, ma un gruppo di persone che sono fiduciarie del presidente del consiglio
Festa dell'unità L'ex leader: Pd non ha una segreteria, ma un gruppo di persone che sono fiduciarie del presidente del consiglio
Il ragazzo si applica, però… Alla Festa dell’Unità di Bologna è il giorno di Massimo D’Alema e l’illustre «rottamato», sfumata anche la nomina a Mr Pesc, non si lascia pregare per assestare le sue bordate nei confronti di Matteo Renzi. «Il governo compie indubbiamente degli sforzi. Poi i risultati, sicuramente, per ora non sono risultati soddisfacenti». Tutti rimandati a ottobre, dunque, quando arriverà la manovra e «lì si capirà meglio». E una. Ma il problema non è solo il governo, perché «io credo nel ruolo dei partiti, credo che un partito non possa essere il movimento del premier». Mentre il Pd renziano visto da D’Alema è una corte o giù di lì: «I partiti dovrebbero avere una loro vita democratica, dei loro organismi dirigenti, sostanzialmente il Pd in questo momento non ha una segreteria, ma un gruppo di persone che sono fiduciarie del presidente del consiglio. In questo modo il partito finisce per avere una vita molto stentata».
Per carità, Renzi ha un grande consenso. Per ora… Perché l’ex leader dei Ds sul futuro non scommette e, velenosetto, spiega: «Il consenso è importantissimo, ma i partiti sono comunità di persone che durano nel tempo, al di là del consenso che possono avere in un’elezione e magari un po’ meno in quella successiva, il consenso sempre di più è un dato fluttuante e proprio per questo occorre una struttura organizzata, una comunità che discute». I renziani non la prendono bene e parte il coro per esaltare i risultati ottenuti dal leader.
L’ex premier e ex ministro degli esteri dal canto suo non si risparmia una lezioncina sulla vicenda dei due marò, «dolorosa e anche umiliante per il nostro paese», una vicenda «che si sta trascinando da troppo tempo e dovrebbe risolversi attraverso una stringente trattativa con l’India». Ma insomma, che ne pensa D’Alema di Federica Mogherini? «Ha esperienza, è cresciuta nel lavoro internazionale del nostro partito. Non la si deve considerare soltanto come una persona che da qualche mese si occupa di politica estera nel governo». Però «la politica estera non è una competenza europea. È una competenza nazionale e tra i governi nazionali ce ne sono alcuni, la Francia, il Regno Unito e la Germania che la politica estera europea la vogliono fare loro». E comunque «il dominus delle nomine è stata la signora Merkel. Noi possiamo vantare di aver fatto cose brillanti, ma tutti i vertici europei sono nelle mani di personalità forti, sperimentate e conservatrici. Non è un gran risultato per i socialisti». Altra bordata. E ne ha anche per Europa e per il suo ex portavoce Fabrizio Rondolino, che sul quotidiano ha scritto che la nomina di Mogherini a Mrs Pesc è la fine della carriera politica di D’Alema. Risposta dell’interessato all’intervistatore che lo interroga su queste non piacevoli considerazioni: «Mi fa piacere che lei si occupi anche di stampa clandestina…». Il presunto direttore in clandestinità, Stefano Menichini, ribatte via twitter: «Mi sa che avevamo ragione, a Massimo D’Alema non è piaciuto com’è finita quella storia del Pesc».
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