Nelle informative dei servizi raccolte in un dossier a disposizione di alcuni ministri si stima che quest’anno saranno 250 mila i migranti che potrebbero raggiungere il nostro Paese, 70 mila in più rispetto all’anno scorso. Nei primi due mesi dell’anno gli arrivi sono stati 15.844, il 74% in più rispetto allo stesso periodo del 2016, diventato l’anno record per l’arrivo di stranieri via mare: 181mila. Gli archivi del dicastero però vengono aggiornati di ora in ora, per via dei flussi di questi ultimi giorni ripresi in massa grazie al miglioramento delle condizioni meteo-marine. Dalle coste libiche, secondo le ong, sarebbero in partenza migliaia e migliaia di profughi. Così in appena due settimane il dato è salito a oltre 21 mila sbarchi, il 40% in più rispetto ai primi tre mesi dell’anno scorso. Solo ieri sono approdati da Augusta, a bordo della nave Dattilo, 1.477 persone, soccorse in sette distinte operazioni: 747 migranti si trovavano a bordo di un barcone, 82 su una imbarcazione più piccola e gli altri su cinque gommoni. Oggi è previsto nel porto di Catania l’arrivo della nave Aquarius di Sos Mediterranee, che opera in partnership con Medici senza Frontiere, con a bordo 946 persone, soccorse lo scorso week-end mentre si trovavano in sette gommoni e due imbarcazioni di legno al largo delle coste libiche. Due giorni fa le operazioni di soccorso in mare sono state ben 22, con 3.300 persone salvate.

Numeri impressionanti. I minori non accompagnati sono già 2.200, l’anno scorso furono 25mila. Messa a dura prova la macchina dell’accoglienza, che sta gestendo 174mila persone, la maggior parte, 136mila, in strutture temporanee. E’ la Lombardia a ospitare il numero più alto di profughi, 23.408, pari al 13% del totale, seguita da Campania con 14.870, Lazio con 14.646 e Piemonte con 14.030. Il Viminale ha predisposto un piano di accoglienza per 200mila persone, che andrebbe aggiornato nel caso fossero confermate le previsioni. I comuni che ospitano sono 2.800 e l’obiettivo di ministero e dell’associazione nazionale dei comuni è di aumentarli, favorendo l’accoglienza diffusa, con piccoli numeri, più facilmente gestibili. La relocation, che avrebbe dovuto dare un po’ di respiro all’Italia, stenta ancora a decollare anche se qualcosa si sta muovendo.

Ad oggi sono 4.170 i richiedenti asilo trasferiti in altri Paesi europei secondo il piano della Commissione che però prevedeva 40mila ricollocamenti dall’Italia in due anni. Anche il piano sui nuovi hotspot, concordato da Roma con Bruxelles, va avanti tra resistenze e contraddizioni. «Non daremo né ci è stato chiesto il consenso per realizzare un hotspot», avverte il sindaco Leoluca Orlando. «Noi abbiamo affrontato, e le carte dicono questo, il tema di come evitare le lunghe soste dei migranti sul ponte delle navi al freddo o al caldo e sulle banchine – precisa – Abbiamo dato la disponibilità ad attrezzare un’area complementare rispetto all’attività che viene al momento svolta nel commissariato San Lorenzo». Eppure il capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, Gerarda Pantalone, pochi giorni fa ha riferito in commissione migranti che, tramontata l’ipotesi di creare un hotspot a Mineo (Catania), altre strutture per l’identificazione e la prima accoglienza dei migranti, volute dalla commissione europea, apriranno in Sicilia, Calabria e Sardegna.

Attualmente, ha ricordato Pantalone, sono attivi 4 hotspot a Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto. Si stanno svolgendo lavori per aprirne altri due entro giugno nella caserma Gasparro di Messina e in un’area messa a disposizione dall’Agenzia per i beni confiscati alle mafie, proprio a Palermo. Anche in Calabria sono in corso contatti con le istituzioni per aprirne tre entro ottobre-novembre a Corigliano Calabro (400 posti), Crotone (800) e Reggio Calabria (400). Infine, per la Sardegna si pensa a hotspot mobili che possono essere trasferiti nei diversi porti dove approdano le navi.

A Palermo, intanto, si è concluso ieri con una condanna il processo, in abbreviato, per due cittadini, uno del Mali e uno della Guinea. Secondo la Procura tenevano i contatti con una organizzazione criminale che, dall’Africa, gestiva i viaggi verso le coste siciliane, mettevano in contatto gli extracomunitari con i familiari già emigrati, riscuotevano il denaro incassato coi viaggi nel canale di Sicilia e curavano la permanenza in Italia dei connazionali. Tra i viaggi organizzati dalla banda criminale anche quello del febbraio 2015 in cui persero la vita 300 persone. Solo 29 cadaveri vennero recuperati.