Almeno quattro motivi giustificano l’immediata segnalazione di questo libro: Dal sottovuoto – Poesie assetate d’aria, uscito nelle settimane scorse da Samuele Editore a cura di Matteo Bianchi (pp. 146, euro 6,99 nella versione ebook, cui farà seguito appena possibile l’edizione cartacea). L’occasione e il tema sono legati alla pandemia che stiamo attraversando. A comporlo le poesie di trentacinque poeti (una o due poesie a testa): alcuni giovani o molto giovani, altri meno, alcuni affermati o affermatissimi, altri ancora da scoprire o da scoprire del tutto, ma tutti dotati di una voce pura, originale, riconoscibile.

NOMINIAMO QUI ad esempio Franco Arminio, Maria Borio, Franco Buffoni, Anna Maria Carpi, Maurizio Cucchi, Tiziano Fratus, Franca Mancinelli, Gerardo Masuccio, Stella N’Dioku, Umberto Piersanti, Giancarlo Pontiggia, Rossella Pretto, Valentino Ronchi, Tiziano Scarpa, Gabriella Sica, Stefano Simoncelli, Luigia Sorrentino, Gianmario Villalta. Ma sono solo esempi, nella consapevolezza di fare un torto a tutti gli altri. Come si sa, la poesia d’occasione e quella su commissione generano sempre sospetto, e forse a ragione: quello di tradire il senso stesso della poesia, che dovrebbe provenire da moti propri, da una necessità di scrivere e non da un’induzione a farlo. In questo caso il rischio era doppio, appunto perché Dal sottovuoto raccoglie testi tanto d’occasione quanto su commissione. Ma quattro considerazioni, come si diceva, prevalgono su qualunque insidia.

La prima è che la metà dei proventi ricavati dalla vendita del libro sarà devoluta in beneficenza, a favore dell’emergenza sanitaria – e non è retorica: il bisogno di sostegno finanziario è reale, concreto. La seconda concerne la funzione della cultura, e della poesia: sarà decisiva non solo nel futuro, dal punto di vista ricostruttivo, ma è cruciale, o dovrebbe essere ammessa per tale, già adesso, fin da ora. Perché è la cultura, intesa nella sua dimensione sociale, di fruizione e condivisione collettiva delle idee, a generare il futuro, la vita, pensieri nuovi. E dove, se non nella letteratura e nella poesia, è contenuto più che in qualunque altro luogo il pensiero largo, aperto, rivolto «ad un avvenire di parola» – per citare Maurice Blanchot, in una pagina su René Char?

LA TERZA E LA QUARTA considerazione riguardano invece il merito. Anzitutto le poesie corrispondono alla voce dei loro autori. Vale a dire: come sono autentiche le voci degli autori, così sono autentici i loro testi qui raccolti, al di là del fatto di essere stati scritti su invito e su un tema predeterminato. In molti casi i versi raccolti superano il tema assegnato, lasciandoselo alle spalle o astraendosene. Sono poesie, cioè, il cui valore in molti casi trascende tout court il presente. Potremmo anche non sapere che sono state scritte in occasione del coronavirus, e continuerebbero a interpellarci comunque, anche domani, del confronto con l’ignoto, con la paura, con il vuoto. È il caso delle poesie di Gerardo Masuccio, Franca Mancinelli, Luigia Sorrentino. Ma sono, di nuovo, solo esempi. Infine (ed è la quarta, ultima considerazione), un valore autonomo va attribuito all’introduzione di Matteo Bianchi. Vi leggiamo riflessioni molto belle in sé stesse, a partire da una frase di Guido Ceronetti: «Dovremmo pronunciare ogni parola vera come fosse un’agonia o un testamento». Silenzio, rumore, raccoglimento: l’intento, ci spiega Bianchi, era quello di «liberare un vuoto interiore». Ed è anche questo il senso della poesia.