Nel paese c’è «dolore, speranza, bisogno di fiducia» e «questo giorno interpella tutti coloro che hanno una responsabilità istituzionale – a partire da me naturalmente – circa il dovere di essere all’altezza». Per il saluto della 74esima Festa della Repubblica nell’anno del contagio, il presidente Sergio Mattarella pronuncia un discorso breve ma densissimo. I giardini del Quirinale sono una quinta splendida, l’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma è ridotta ai soli archi. Non c’è pubblico. Il vuoto è surreale, mette in risalto la solitudine del presidente e il suo appello accorato all’unità delle forze politiche e del paese. «Non si tratta di sospendere o annullare la normale dialettica politica», scandisce, «ma c’è qualcosa che viene prima della politica e che segna il suo limite. Qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione: l’unità morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro. Una generazione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo». Dopo aver citato lo spirito della ricostruzione del ’46, e espresso orgoglio per chi ha lavorato nelle ore drammatiche – operatori della sanità e dei servizi essenziali, insegnanti, imprenditori che hanno riconvertito la produzione ai presidi sanitari, forze dell’ordine, Protezione Civile e volontari – Mattarella sottolinea, ancora una volta, le «ragioni di uno sforzo comune», «contro il gravissimo pericolo» «sul piano della salute, economico e sociale». Poi l’accento più forte: «Le sofferenze provocate dalla malattia non vanno brandite gli uni contro gli altri».

IL TONO È GRAVE e preoccupato, l’appello non sembra rivolto solo alle opposizioni. Ma certo arriva alla vigilia di un inedito nella storia del paese, le opposizioni in piazza in un giorno simbolo dell’unità nazionale. Stamattina dalle 10 i leader della destra saranno a piazza del Popolo. Era stata immaginata come l’adunata degli scontenti contro il governo ma era un proposito pericoloso in tempi di distanziamento fisico. Il Quirinale ha sventato – con la persuasione – la richiesta di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, di andare a posare una corona al monumento al Milite ignoto. Sarebbe stato un altro sbrego istituzionale, quel gesto spetta al capo dello Stato (lo farà alle nove, accompagnato dall’alto dal passaggio delle Frecce tricolori, nella tappa finale del tour dei cieli delle città), che poi andrà in visita privata a Codogno. Alla fine anche Matteo Salvini ha dovuto rimangiarsi i forsennati appelli all’assembramento. Per ovvie ragioni di tutela, il raduno prevede non più di trecento presenze, poco più che un flash mob. Il bagno di folla è rimandato al 4 luglio al Circo Massimo. Per oggi la destra rimedia annunciando manifestazioni simboliche in 70 città.

IL PD ATTACCA la scelta «divisiva» della giornata e come gesto unilaterale rinuncia all’invito ad esporre i tricolori dai balconi. Il segretario Nicola Zingaretti elogia le parole di Mattarella: «Un’altra grande lezione e un discorso di verità in un momento difficile. Per la rinascita italiana c’è bisogno di concordia tra istituzioni, partiti, forze produttive, sociali e del lavoro».

IN REALTÀ ANCHE PER LE DESTRE la piazzetta di oggi non è una gran festa dell’unità. Sull’evento Lega e Fdi si sono punzecchiate per giorni. E anche fra leghisti c’è malumore per le improvvisazioni di Salvini: saranno assenti alcuni amministratori impegnati nei loro comuni. Il presidente del Veneto Zaia manderà «una foto con il tricolore». Per non parlare di Forza Italia: ha aderito per ultima e non condivide la linea confusamente antieuropeista degli alleati. Berlusconi rimarrà al sicuro in Provenza. Dal palco parlerà Tajani, che ieri però si è profuso in complimenti alle «sagge parole» di Mattarella.

L’ULTIMO SBERLEFFO: nella stessa piazza nel pomeriggio riappariranno i gilet arancioni e i forconi del generale Pappalardo, che sfidano il contagio – perché lo negano – e si presentano senza mascherina. Una staffetta nera e grottesca, quella fra le due manifestazioni, e la seconda, con le stesse parole d’ordine ma uno stile più temerario, rischia di svelare l’anima profonda e imprevedibile della prima. Entrambe impegnate a soffiare sulle sofferenze del paese, per gonfiarle.

A ROMA LA SINISTRA RADICALE si dà appuntamento in piazzale Tiburtino alle 10. Contro il governo ma anche contro le destre «eredi dei repubblichini e non dei repubblicani».