«La vita privata di uno scrittore è pettegolezzo; e i pettegolezzi, chiunque riguardino, mi offendono»: così Elsa Morante in un’intervista a Enzo Siciliano. Ora, la biografia che René De Ceccatty le ha dedicato mostra l’estrema difficoltà di ricostruirne la vita attraverso le scarse fonti dirette, spesso reticenti per rispetto verso la riservatezza di lei, e le abbondanti, ma confuse, fonti epistolari.

Elsa Morante Una vita per la letteratura (traduzione di Sandra Petrignani, Neri Pozza, pp. 416,€ 20,00) attinge a piene mani alla non del tutto convincente, dal punto di vista filologico, raccolta epistolare L’amata (Einaudi 2012), e alle lettere inedite (dunque non sistematizzate) di Pasolini.

De Ceccatty si limita a segnalare alcune incertezze, mentre il libro presenta un certo disordine nella trattazione interna ai capitoli, talvolta disorientante, ciò che rende dunque opportuna l’appendice cronologica finale, che rimette in fila molti avvenimenti sparpagliati nel testo.

La figura della scrittrice emerge principalmente a partire dalle parole altrui, dalle lettere che la vedono destinataria e dall’analisi delle opere, cui è riservato uno spazio apprezzabile. Pasolini e, naturalmente, Moravia sono tra i maggiori interlocutori, e le loro parole restituiscono i rapporti dispotici, manipolatori e capricciosi che la scrittrice intratteneva con i propri affetti.

Rispecchiata in Pasolini e nel suo radicale narcisismo (tanto che non ne coglie le critiche – invidiose – fino alla recensione della Storia nel ‘74) Morante fu innamorata di Moravia solo in sua assenza (o in condizioni straordinarie, come nella vita da sfollati durante la guerra): «Gli altri non esistono per te, esistono soltanto i tuoi sentimenti per gli altri– le scrisse … Tu sei a te stessa il mondo intero».

Se il carattere bizzoso di Elsa Morante era noto, De Ceccatty ne evidenzia il rapporto con la scrittura, che sembra ricalcare quello di una mistica: «vivo sempre sola nel senso più materiale e assoluto della parola» – scrive; e ancora: «le avventure sono un autoeccitamento letterario»… La sua nascita, del resto, è a Trastevere «fra la Beata Albertoni del Bernini … e lo scenario di Roma città aperta …. Fra erotismo barocco e neorealismo». In questa sorta di conflitto trova radici la sua poetica di realismo incantato: la «santificazione degli umili» – scrive De Ceccatty – l’idea (freudiana, ma che in bocca ad Elsa assume tratti magici) che «tutto l’inventare è ricordare» e che il destino è già scritto nel passato, la questione dell’omosessualità (lo scacco dei suoi amori più travolgenti, come quelli per Morrow e Visconti).

Sono questi i nodi che stringono la biografia alla scrittura e ne determinano una sorta di relazione invertita: dal carattere rancoroso e intrattabile della scrittrice alla simulata leggerezza infantile della pagina.