Il 30 gennaio di quest’anno segnerà il cinquantesimo anniversario dall’ultima esibizione dei Beatles dal vivo, nel celebre concerto improvvisato sul tetto della Apple Records nel 1969. Lì i Fab Four stavano registrando il loro ultimo disco, Let it Be, che uscì quando la band aveva ormai già annunciato il suo scioglimento. The Beatles – Made in Liverpool, il documentario di Alan Byron in programma domani alle 21.15 su Sky Arte, ripercorre però non la fine ma le origini della band – a partire proprio dalla città in cui tutto è cominciato e che ha dato i natali a John, Paul, George, Ringo, il «quinto Beatle» Brian Epstein e anche Pete Best, il batterista rimpiazzato da Ringo poco prima della registrazione di Please Please Me e che contribuisce al documentario con i suoi ricordi e la sua testimonianza, affettuosa e per nulla biliosa, di quegli anni.

Insieme a lui, a ripercorrere il periodo che va dalla fine degli anni ’50 al 1963 dell’ascesa alla fama mondiale, ci sono vecchi amici, la segretaria di Brian Epstein, due ex membri dei Quarrymen – la band fondata da John Lennon e nella quale entrarono poi McCartney e Harrison – e molti altri.

DAL FUMO nero di Liverpool che tutto avvolgeva all’arrivo da oltreoceano della moda del r’n’r, dai quartieri in cui sono nati i quattro Beatles al soggiorno in Germania e le vere e proprie manifestazioni in favore di Pete Best quando venne «fatto fuori» – oltre a tutte le versioni che furono date del perché gli si preferì Ringo – il film ricostruisce quella storia, pur senza grosse novità per chi già la conosce, da un punto di vista specifico: quello della città e di chi l’ha vissuta negli anni dell’ascesa del gruppo più famoso di tutti i tempi.