«Ho chiesto a Padoan e Poletti di individuare un meccanismo per consentire più flessibilità in uscita. Spero che riusciremo a trovare un primo rimedio già con la Stabilità». Uno spiraglio che si fa spazio nelle lettere al Segretario su L’Unità: ovviamente stiamo parlando di Matteo Renzi, che ieri ha risposto sul quotidiano di partito a diverse missive inviate dai militanti, su pensioni, migranti, Colosseo. «Non posso rispondere delle scelte del passato sulle pensioni – ha aggiunto poi il premier – alcune delle quali hanno provocato più costi che risparmi».

Un’altra lettera e risposta riguarda le tasse, con la conferma che verranno cancellate quelle sulla prima casa, e la spiegazione che non ha senso distinguere tra cittadini: «La tassa viene abolita per tutti, per sempre», taglia corto Renzi. Che subito dopo spiega: «Sulla prima casa c’è chi discute. Qualcuno vorrebbe far pagare ad alcune categorie. Già, ma a chi? Non ci sono criteri oggettivi, per cui i singoli Comuni hanno valutazioni differenti, il Catasto va rivisto e quando si è provato a distinguere le varie categorie si è fatto il pasticcio dell’Imu e della Tasi. Sarebbe un gigantesco autogol passare i prossimi sei mesi a decidere chi paga e chi no, senza avere un criterio uniforme».

Un altro lettore, sollevando il dubbio che forse i ricchi dovrebbero pagarla, quella tassa, dà l’occasione al premier per chiarire una volta per tutte la sua filosofia: «Le tasse non sono bellissime ma, al contrario, sono uno strumento di pressione eccessivo oggi in Italia. Vanno ridotte, dunque», scrive Renzi. «Prima scelta: 80 euro a chi guadagna poco. Seconda scelta: giù la tasse sul lavoro con l’Irap. Terza: via le tasse dalla prima casa». Quindi, alla domanda relativa ai ricchi, replica: «Tutti sono d’accordo con la tassazione dalla seconda casa in su. Ma sulla prima casa meglio fare chiarezza. E allora: restituiamo fiducia agli italiani. La tassa sulla prima casa viene abolita per tutti, per sempre. Sono certo che questa mossa avrà anche un effetto psicologico sul mercato immobiliare e sull’edilizia».

Lettere a parte, ieri da un’analisi più approfondita del Def sono venuti fuori nuovi numeri. Le stime di crescita sono riviste al rialzo sia per quest’anno (da +0,7% di aprile a +0,9%) che per il 2016 (da +1,4% a +1,6%). Ad aumentare rispetto al Def di primavera è anche il deficit, dall’1,8% programmatico al 2,2%. Nelle tabelle non risulta ancora, ma nella Nota si legge nero su bianco l’intenzione del governo di chiedere alla Ue di salire ulteriormente al 2,4% per far fronte all’emergenza migranti.

L’indebitamento potrà aumentare di oltre un punto di Pil fino a un importo massimo di 17,9 miliardi nel 2016 (inclusi i margini di flessibilità correlati all’emergenza immigrazione fino a 3,3 miliardi).
Il pareggio di bilancio viene posticipato dal 2017 al 2018.

Il tasso di disoccupazione scenderà quest’anno dal 12,7% del 2014 al 12,2%, per calare sotto la soglia del 12% nel 2016, all’11,9%.

Cala la spesa per gli interessi sul debito: quest’anno sarà di circa 70 miliardi (4,3% del Pil), con una riduzione di circa 0,4 punti sul 2014. Nel 2016 il rapporto rimane stabile.

La pressione fiscale torna a scendere dopo molti anni passando dal 43,1% del 2014 e del 2015 al 42,6% grazie sia alla disattivazione delle clausole di salvaguardia che al bonus di 80 euro (che tecnicamente però non si dovrebbe conteggiare come calo del fisco, in quanto rappresenta appunto un bonus). Si prevede l’eliminazione delle tasse su prima casa, terreni agricoli e macchinari “imbullonati” ma anche misure di «alleviamento della povertà»

Si prevede un taglio dell’Ires (alle imprese) nel 2017. Dalla lotta all’evasione si prevede di ricavare 11,867 miliardi di euro (un aumento di 150 milioni sugli 11,717 miliardi del 2014).
Il governo punta a incassare, infine, lo 0,4% del Pil quest’anno (oltre 6 miliardi) e lo 0,5% l’anno prossimo (8 miliardi) dalle privatizzazioni di Poste, Enav, StM e poi Fs. an. sci.