Che il Financial Times suoni la sirena d’allarme per quel che capita nella penisola non è una novità, e neppure che tiri in ballo la Repubblica di Weimar. Non era mai successo però che oggetto dell’inquietante paragone fosse non un singolo Paese ma l’intera Ue. A minacciare lo sfacelo, secondo il quotidiano, sono due leader: Donald Trump con i suoi dazi e Matteo Salvini. Forse il secondo più del primo.

«Quelli che devono avere paura sono quelli che hanno mangiato a scrocco fino a ieri», replica brusco il pericoloso italiano. Ma è probabile che abbia visto l’articolo dell’Ft come un riconoscimento. Domenica a Pontida ha infatti reso esplicita una strategia che era già chiara. I migranti, col 95% degli sbarchi in meno rispetto al 2015, sono solo una leva e un casus belli: proprio per questo leader i cui interessi sul fronte delle migrazioni sarebbero contrastanti come Salvini e Orbán riescono invece a convergere. Obiettivo annunciato da Pontida: «Una Lega delle leghe dei popoli liberi e sovrani» ma soprattutto la trasformazione delle europee di maggio in un referendum sull’Europa, per conquistare il Parlamento di Strasburgo e poi smantellare l’Unione dall’interno.

Ci sono tre ostacoli sulla strada della marcia su Bruxelles. Proprio sul fronte dell’Europa il centrodestra, del quale il leghista ha ancora bisogno sia per tenere sotto scacco M5S che per vincere le prossime elezioni, è diviso. La Fi di Berlusconi e Tajani non ha certo le stesse mire di Orbán. Ma Salvini è sicuro di aver già colonizzato il partito azzurro, senza contare l’immensa sproporzione che si è creata stando ai sondaggi: la sfilata dei governatori forzisti a Pontida, senza alcun riferimento ufficiale al partito di Berlusconi, sembra dargli ragione.

Il secondo ostacolo, quello rappresentato dai soci a 5 stelle, è appena più ostico. La sofferenza dei 5S è evidente. Paradossalmente tra le componenti del governo, che sono tre e non due tenendo conto della potente delegazione «mattarelliana», proprio quella numericamente più forte è invece la più debole. Da un lato il Movimento è incalzato dall’iperattivismo di Salvini, dall’altro è bloccato dalla componente mattarelliana – in particolare dal ministro dell’Economia Tria – e da Bruxelles che lesinano sui fondi necessari per varare misure per recuperare lo svantaggio.

I 5S hanno però possibilità di movimento limitate, non disponendo di sponde alternative a quella di Salvini. Il presidente della Camera Fico, con la sua uscita a favore delle Ong, ha provato in realtà a indicare una strada: se il Movimento imboccasse una via opposta a quella della Lega potrebbe pescare nell’ancora cospicuo elettorato del Pd e della sinistra, superare il Carroccio e poi stringere alleanze vincenti a sinistra. Ma è una strada che costerebbe politicamente la testa a Di Maio e sconfesserebbe l’intera delegazione governativa. Non a caso sono stati proprio i ministri a tacitare Fico confermando l’asse con la Lega nonostante tutto.

La rottura della maggioranza è la carta su cui scommette Fi, che sta discretamente continuando ad arruolare parlamentari in vista di un possibile ribaltone ove l’asse giallo-verde dovesse rompersi. Per questo l’ordine di Mulè ai dirigenti azzurri è stato tassativo: «Bersagliare i 5S ma lodare sempre Salvini». Tra gli stessi pentastellati c’è chi vedrebbe con sollievo un’ipotesi del genere, ma al momento è fantapolitica, non essendo questo il disegno della Lega, e lo resterà almeno sino alle europee.

Per Salvini l’ostacolo principale è proprio il fronte composto dai ministri «di Mattarella» e forse dallo stesso Conte da un lato e da Bruxelles dall’altro. L’uso spregiudicato e cinico della campagna contro i migranti sin qui ha pagato ma arrivare sino all’ora X delle europee senza portare a casa nessun risultato sul fronte dell’economia è impensabile. Per questo, a settembre, Salvini dovrà affrontare il vero nemico interno nel governo, i ministri mattarelliani, come del resto ha annunciato di voler fare da Pontida. Sceglierà probabilmente il tema più redditizio elettoralmente: la modifica della Fornero pur se già bocciata preventivamente dalla Bce.