A Pesaro, presso il centro Arti Visive Pescheria, si è tenuta la mostra Sculture nella città 1971-2024, a cura di Pippo Ciorra, Michele Giorgi, Carola Nava e Cornelia Mattiacci. L’evento andava a collocarsi all’interno di una serie di iniziative dedicate all’arte pubblica, curate da Valerio Smarrelli e ospitate da Pesaro, Capitale italiana della cultura 2024. Punto di partenza dell’indagine è stata la mostra Arnaldo Pomodoro: Sculture nella città 1971, che esponeva le sculture dell’artista tra le vie del centro storico. All’interno dell’ex Pescheria è stata allestita una ricerca che racconta con documenti e opere originali questa prima esperienza e, presso l’adiacente Chiesa del Suffragio, 10 autori under 35 ne hanno reinterpretato i temi con un approccio contemporaneo. La mostra del 1971 è stata documentata dai materiali d’archivio della Fondazione Pomodoro e da alcuni scatti originali di Ugo Mulas che, con le sue foto, diventò il testimone dell’opera dello scultore fin dal suo arrivo a Milano. Da sempre sensibile ai linguaggi dell’arte, soprattutto nei registri non convenzionali, Mulas iniziò ad interessarsi all’arte pubblica e si rese testimone, con una serie di immagini, di Campo Urbano: una manifestazione artistica che si svolse nel 1969 nelle strade di Como, indagando la dimensione collettiva e urbana dell’arte. Le sue fotografie descrivono perfettamente la reazione dei cittadini pesaresi all’apparire delle sculture di Pomodoro nelle vie della loro città e il rapporto da esse instaurato col contesto.

Protagoniste dell’esposizione sono state, inoltre, Rotante massimo e Colonna intera recisa, due opere originali di Arnaldo Pomodoro, esposte nel 1971 e reinstallate nello spazio della Pescheria per l’occasione; in fondo, al termine del racconto, due video d’epoca hanno restituito la personalità dell’artista e il contesto culturale negli anni in cui lavorava per la mostra in oggetto. All’interno del loggiato dell’ex Pescheria una parete continua ha costituito il supporto per una fitta scansione ritmica di pannelli verticali, e il fronte opposto, totalmente vetrato, ha portato la città all’interno dell’allestimento, rendendo questo spazio perfettamente capace di interpretare il senso delle esperienze esposte. Più ermetica è stata la narrazione affidata a giovani autori (artisti, architetti, designers, grafici, filmmakers) che nell’ambiente buio della Chiesa del Suffragio hanno interpretato  il rapporto tra arte e spazio pubblico attraverso l’esplorazione di diversi linguaggi, lavorando sulle quattro aree di Pesaro nelle quali Pomodoro aveva allestito le sue opere.

Una traccia audio che incorpora e si sovrappone al paesaggio sonoro di Piazzale Collenuccio (Caterina De Nicola), la restituzione video di partite di tennis allestite a Piazza del Popolo grazie a un tavolo assemblabile ovunque (Hpo), gli effetti, descritti attraverso un elegantissimo plastico, dell’introduzione di un’infrastruttura scenica nello spazio del Piazzale (Atelier Remoto) sono state alcune delle risposte dei giovani artisti, che in molti casi hanno richiesto partecipazione e sforzo di comprensione da parte dell’osservatore. Per completare il racconto intrapreso dalla mostra, si può  lasciare la Pescheria e spingersi verso mare per ammirare Sfera Grande, lascito tangibile dell’esperienza del 1971; nell’osservare la superficie tonda e specchiante ci troviamo di fronte la nostra figura e il paesaggio retrostante riflesso dalla palla: in un unico sguardo sono raccolte l’opera dell’artista, il rapporto che instaura col contesto e la reazione che suscita nei passanti. La sintesi esatta da cui ha origine ogni espressione di arte pubblica.